Gli tolgono gli acconti sui rinnovi di contratto quando va in pensione Ma il giudice glieli ridà
LA SENTENZA
Una causa da un modesto valore economico ha prodotto una sentenza pilota che ora avrà invece rilevanza nazionale. Si può definire così la sentenza 83 del 2019 pronunciata dal giudice del lavoro Silvia Burelli del Tribunale di Trieste che ha condannato la Unicomm – realtà importante della grande distribuzione proprietaria anche della rete dei Cash and Carry che a Trieste ha sede in via Flavia – a corrispondere a un suo ex dipendente l’importo di 855 euro lordi, pari alla cifra che la società aveva trattenuto sui cosiddetti Anticipi per Futuri Aumenti Contrattuali (Afac) dalle spettanze di fine rapporto del dipendente. «È stata sancita l’illegittimità di tale condotta sulla scorta di un’accorta ricostruzione della vicenda e dei testi contrattuali sottoscritti con Federdistribuzione nel dicembre 2018», spiega Matteo Calabrò della UilTucs che ha assistito sindacalmente il lavoratore: «L’azienda è stata così condannata alla restituzione della somma illegittimamente trattenuta, con la rivalutazione della medesima per gli interessi legali maturati dal marzo 2017 alla data di saldo, nonché al pagamento delle spese legali».
«Questa sentenza – sottolinea Calabrò – apre una serie di prospettive di diritto su tutto il territorio nazionale. Da Trieste abbiamo l’orgoglio di essere stati i primi a portare avanti questo percorso».
Il dipendente, come lavoratore subordinato a tempo pieno e indeterminato, inquadrato come magazziniere-autista, ha lavorato per la Unicomm dal gennaio 2003 al marzo 2017, quando ha maturato il diritto al pensionamento. Dal novembre 2015 al febbraio 2017 ha ricevuto in busta paga una voce retributiva denominata “acconto rinnovo Ccnl della distribuzione moderna organizzata (Dmo)” per 855 euro. Ma l’Unicomm ha trattenuto un importo di pari valore nella busta paga dell’ultimo mese di lavoro, a titolo di recupero del medesimo acconto, sostenendo che il rapporto di lavoro era cessato prima della sottoscrizione del nuovo Ccnl e che, pertanto, nulla gli era dovuto. Il lavoratore, a quel punto, ritenendo indebita quella trattenuta, si è rivolto a UilTucs, presentando ricorso, assistito dall’avvocato Sonia Miani. Il Tribunale ha ritenuto che quegli acconti spettino anche al lavoratore, sino alla data di cessazione del rapporto di lavoro, «poiché anche nei suoi confronti sussiste, fino alla data di conclusione del rapporto di lavoro, la funzione di colmare la perdita del potere di acquisto del salario ricevuto nelle more della negoziazione del nuovo Ccnl».—
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