Gombac condannato per truffa informatica

Alessandro Gombac, 58 anni, già vicepresidente del movimento indipendentista Trieste Libera è caduto su una banale truffa informatica. Una brutta buccia di banana ovvero, più esattamente, una storia di “pishing” con le carte di credito. Gombac è stato condannato dal Tribunale a due anni e otto mesi e mille euro di multa. A pronunciare la sentenza il giudice Filippo Gulotta che ha presieduto il collegio composto da Giorgio Nicoli e Francesco Antoni. Il pm Pietro Montrone aveva chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi. A nulla sono servite le istanze e i tentativi del difensore, l’avvocato Edoardo Longo, che le ha provate tutte, compreso il ricorso sull’eccezione di giurisdizione. Ma non c’è stato nulla da fare. La condanna alla fine è arrivata.
La vicenda risale al 17 settembre del 2009 quando Vittorio Nesti, 43 anni, residente a Prato, ha scoperto un addebito nel suo conto corrente per un’operazione che mai aveva eseguito. «Nella mattinata di oggi - aveva scritto nella denuncia presentata ai carabinieri - mi sono collegato online con il sito della banca di cui sono correntista e ho riscontrato che risultava un addebito di 1.315 euro e 95 centesimi. In particolare risultava che in data 15 settembre io avevo autorizzato il trasferimento di detta somma a favore del conto corrente intestato a Penco Angelo».
In breve i carabinieri avevano iniziato le indagini. E avevano scoperto che i codici del conto online di Nesti erano finiti nelle disponibilità di un truffatore. Poi era entrata in gioco anche la polizia postale. E le indagini si erano indirizzate su Angelo Penco, 56 anni, abitante a Trieste. Il quale poi - secondo il pm Pietro Montrone - aveva consegnato allo stesso Gombac su sua richiesta la somma di 1.315 euro che era stata accreditata sul suo conto appoggiato all’Unicredit. In pratica l’accusa nei confronti di Gombac è stata quella di aver ingannato Angelo Penco convincendolo a dargli le coordinate del suo conto corrente. Come? Dicendogli che da lì a poco avrebbe ricevuto un bonifico inerente ad alcune sue provvigioni ma che, per ragioni fiscali, era meglio che non apparisse. Quel bonifico faceva riferimento al pagamento appunto dei 1.315 euro, somma sottratta da persone non identificate - così emerge dal capo d’imputazione - con il sistema del cosiddetto “phishing” dal conto corrente online della Cassa di risparmio di Prato intestato a Vittorio Nesti, l’altra vittima della truffa, che appunto all’improvviso si era trovato il corrispondente addebito sul suo conto riferito per un’operazione che non aveva mai effettuato.
L’ex vicepresidente del movimento indipendentista si è sempre proclamato innocente. Ma, stando appunto alla sentenza pronunciata dal giudice Gulotta, quelle vicende a cui Gombac si era riferito, per dirla come l’ex pm Di Pietro, «non c’azzeccavano». Perché quanto accaduto era solo una banale truffa. (c.b.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo