Gorizia, la via Gemina nuova autostrada che porta alla ripresa

Il futuro nell’avvicinamento fra le due città non più divise da un confine che l’Europa ha cancellato. Ma il nuovo dov’è?
Di Roberto Covaz

di Roberto Covaz

C’era una volta la disputa su come si dovesse chiamare l’entità urbanistica frutto dell’avvicinamento tra Gorizia e Nova Gorica. Città unica? Città comune? Le ipotesi naufragarono nelle polemiche. Oggi, sette anni dopo la caduta dei confini, si torna a parlare di Gorizia e Nova Gorica come un unico insieme. Una comunità di circa 80mila abitanti capace di ragionare e pianificare assieme, attingendo i contributi dell’Unione europea.

Il contenitore di questi ragionamenti si chiama Gect e significa Gruppo europeo di cooperazione territoriale. L’acronimo Gect dovrebbe tagliare la testa al toro su possibili mal di pancia di chi ha ancora “il confine in testa”. A dire il vero fino a questo momento il Gect non ha prodotto nulla di concreto, ma è bene abituarsi alla sua esistenza. Sicché, sempre per prevenire i malpancisti, potremmo coniare il termine di “gectini” per individuare i goriziani di qua e di là del confine. Già, ma cosa sognano per il loro futuro i “gectini”? Non lo sappiamo, non abbiamo la più pallida idea. Peccato, perché ora hanno una nuova autostrada che si collega alla superstrada per Lubiana e che sarebbe bello si chiamasse Via Gemina come proposto dal periodico Isonzo Soca; ora hanno i Gusti di frontiera, i Gusti di Natale, di Pasqua e di tutte le feste comandate capaci di attirare migliaia di persone; ora hanno la possibilità di stupire il mondo presentando un programma con i fiocchi per il centenario della Prima guerra mondiale qui cominciata nel 1914 caso mai qualcuno avesse ancora dei dubbi; ora hanno delle istituzioni pubbliche all’avanguardia che sposano i gay, che si occupano senza avere titolo di marketing commerciale, che esaltano il cemento per il quale è stata sacrificata la tiare dei padri. Soprattutto i “gectini” sono fortunati perché sono lontani dal Monfalconese. Terra di appestati dall’amianto e pestati dall’indifferenza, terra di una centrale che esala paura prima di inquinamento, terra sopportata e mai amata da duecento anni in qua, da quando l’antico “Tiritorio venezian” di Monfalcone nel 1814 passò sotto le grinfie degli Asburgo, e dunque della Contea di Gorizia e di Gradisca. Oh, ma cosa sono mai questi sciocchi rimandi alla storia? direte.

Che senso ha parlare di vicende così lontane quando la crisi morde e l’attualità parla di crescenti drammi sociali? Il senso sta, invece, nel prendere atto una volta per tutte che solo consolidando intimamente la coesione territoriale in questa piccola provincia potremo difenderci meglio. Dunque, i “gectini” dovrebbero guardare anche a Sud-Ovest oltre che a Nord-Est, magari facendo spazio nella casa del Gect a quel territorio, il Monfalconese, che da oltre un secolo (1907, nascita del cantiere navale) pulsa la gran parte del Pil provinciale. Per Gorizia anche il 2013 è l’ennesimo anno delle sparizioni: la Brigata Pozzuolo e l’ulteriore calo demografico. Per Monfalcone è stato l’anno, effimero, della giustizia con la blanda sentenza del primo maxi-processo per la morte di 85 ex cantierini a causa dell’amianto. Tale argomento ci richiama al Tribunale di Gorizia, sempre più in bilico, e al centro amianto che, se le istituzioni ci credessero davvero, diventerebbe un’eccellenza capace di difendere tutto il comparto della sanità isontina. Invece chiudiamo il 2013 e apriamo il 2014 sulla solita lotteria del Punto nascita. Il problema ambientale è l’emergenza in questa provincia ma non si scorgono politiche decise in questo settore. La centrale A2A di Monfalcone è un problema di tutto l’Isontino: l’aria non ha confini. C’è qualcuno a Gorizia che se la fila la centrale monfalconese? No. E la discarica di Pecol dei Lupi? C’è qualcuno che possa spiegare il vero motivo della sua chiusura o, se preferite, della mancata riapertura? Non dimentichiamo il Cie e le sue drammatiche ricadute. Ma cosa possiamo farci; siamo e vogliamo restare piccoli. Tra un po’ non ci sarà più la Provincia, e forse anche quella di Gorizia diventerà una sorta di associazione, come gli ex quartieri del capoluogo. Peccato mettere in naftalina il gonfalone. La Camera di commercio ha cambiato inquilino e il suo vecchio inquilino ha cambiato solo stanza. È il massimo del nuovo a cui possiamo ambire. Viviamo in una sorta di bolla gommosa che nemmeno i forconi riusciranno a bucare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo