Gorizia, scoperta a Straccis: la chiesa è “abusiva”

Quattro o dodici. Sono le croci (rispettivamente simbolo degli evangelisti e degli apostoli) che devono esserci in una chiesa. Se non ci sono c’è qualcosa che non va. Già, significa che quella non è una chiesa consacrata.
In cinquant’anni nessuno si era accorto di nulla a Straccis. Finché arriva dal trentino il dinamico padre salesiano don Vittorio Tonidandel. Il nuovo parroco (da due anni) alla prima messa si accorge che i conti delle croci non tornano. Possibile che San Giuseppe Artigiano non sia consacrata? Possibile, anzi: vero. Domenica nella messa delle 10.30 si correrà ai ripari. Sarà l’arcivescovo Redaelli a pensarci.
Ha predisposto tutto don Vittorio, che un po’ qua e un po’ là ha raccolto quattro reliquie. Quelle di san Giovanni Bosco, san Luigi Scrosoppi, san Luigi Gonzaga e san Cirillo. Si tratta di minuscoli frammenti ossei custoditi in teche della grandezza di un bottone. La consacrazione di una chiesa comporta che in quel tempio siano custodite reliquie. Le quali verranno murate in una piccola urna già predisposta sull’altare maggiore. Quanto alle croci, sono già al loro posto dodici nuove di zecca.
Il fatto che San Giuseppe Artigiano non sia mai stata consacrata non deve far sperare i coniugi in odor di separazione: il loro matrimonio è valido come tutti gli altri sacramenti impartiti nell’austera ma razionale chiesa di Straccis.
Al di là dell’aspetto formale - che in questo caso è sostanza - quello che più conta è mettere in risalto la solidarietà e l’attaccamento alla parrocchia della comunità di Straccis. A parlarne a don Vittorio gli si illuminano gli occhi: «I residenti si sono autotassati con dieci euro al mese e abbiamo raccolto i fondi sufficienti per sistemare la chiesa, che cominciava a dimostrare i suoi cinquant’anni. L’abbiamo ridipinta, sistemati gli impianti e altre cosette ancora. In tutto una spesa di circa ventimila euro. Tutti a dare una mano, anche le famiglie meno abbienti. Ma qui siamo in un quartiere operaio e certi valori si sentono ancora. Sono felice perché è lo spirito di comunità che significa Chiesa».
Il 21 aprile del 1963 nel tempio di Straccis prendeva ufficialmente avvio l’attività parrocchiale e per questo si è scelta la data del 21. Un anno dopo, nel 1964, la chiesa fu solennemente dedicata a San Giuseppe Artigiano.
Non poteva essere diversamente per la piccola Manchester goriziana. Magnifico l’imponente affresco che rappresenta la vita di San Giuseppe: un’opera coloratissima e gioiosa merito di Paolo Orlando. Il pavimento è tirato a lucido così come le panche. Candida la tovaglia dell’altare ma domenica sarà ancora più bella la cinquantenne chiesa di Straccis, all’interno della quale il profumo di pittura fresca rende l’ambiente più familiare.
Prima di San Giuseppe Artigiano a Straccis non c’era la chiesa. Così almeno ha ricostruito la storia don Vittorio. C’era la cappella delle suore ma a messa si andava in San Vito e Modesto in Piazzutta. Straccis è il quartiere operaio creato dalla famiglia Ritter, che era evangelica. Hanno dato l’anima per Gorizia, ma la chiesa cattolica proprio non era di loro competenza.
E bravo il parroco segugio e la conta delle croci. Adesso tutti i suoi colleghi parroci a cercare in canonica i documenti della consacrazione...
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