Grattacieli, neon e robot. Nathan Never vaga nel buio della Trieste del futuro

Se cinema e letteratura dimostrano da tempo un amore incondizionato per Trieste, scelta come ambientazione per film e romanzi e spesso incoronata protagonista di storie a tutte le latitudini, anche i fumetti non sono da meno. In questi giorni una accattivante Trieste del futuro campeggia nella mostra di Romeo Toffanetti allestita alla Centrale Idrodinamica nel Porto Vecchio.
È una città notturna dove le luci dei lampioni e del Faro della Vittoria risaltano tra i grattacieli avveniristici di un’immaginaria, livida metropoli in cui si svolgono due nuove avventure di Nathan Never, l’eroe dall’impermeabile svolazzante, che saranno nelle edicole a novembre e a dicembre. Trieste, a differenza di altre città, non ha monumenti o simboli universalmente noti: non ha la Torre di Pisa né il Colosseo, e nemmeno i canali con le gondole. Però è ricca di angoli e forme architettoniche originali e inaspettate come la scala dei Giganti o i palazzi sulle Rive, le colonne neoclassiche o il santuario di Monte Grisa, e scorci naturali interessanti, dalle rocce del Carso al mare, dalle grotte ai giardini sferzati dalla bora. È una città piena di storia, di storie, in ogni strada e in ogni panorama nasconde un mondo, spesso ammantato di mistero, e tutto questo attrae gli autori di fumetti.

Mescola inquietudini da caccia alle streghe e organizzazioni neonaziste “Il mistero della camera rossa – Avventura triestina di Martin Mystère”, un fumetto scritto nel 1993 da Alfredo Castelli e disegnato da Franco Devescovi: in copertina il detective dell’impossibile ha alle spalle la cattedrale di San Giusto e al centro della trama ecco una spaventosa cripta dei Gesuiti usata come luogo di tortura.
Ammette di essersi innamorata di Trieste già dal suo primo arrivo in treno dalla strada costiera Vanna Vinci, illustratrice e fumettista, autrice di libri, albi e vignette. Nel 2003 dà vita a una storia che è diventata un piccolo classico, “Aida al confine”, in cui centra alla perfezione lo spirito della città: «Trieste è una città con molti strati», dice l’autrice, «da quello storico a quello geografico, da quello architettonico a quello culinario. È un posto che piace o non piace: io ci andrei a vivere. È uno strano gioiello, molto prezioso e allo stesso tempo non vistoso e un po’ datato ma proprio per questo dal grande fascino».

Una città difficile da disegnare: «Trieste è una via di mezzo tra l’imperiale e la fiaba. Le proporzioni variano in mondo estemporaneo e si passa da un palazzo newyorchese alla casetta della strega di Biancaneve. Non è uno sfondo su cui far muovere i personaggi, Trieste è una protagonista della storia che spesso è più attraente dei personaggi stessi, e quindi complicata da disegnare». Qualche anno fa Vanna Vinci ha affrontato di nuovo la città con il libro a fumetti “Il richiamo di Alma” tratto dal romanzo di Stelio Mattioni: «Credo che Trieste sia proprio come Alma, sempre diversa, come se dentro di lei ci fossero tante donne e tante anime: vitale in mondo inconsueto e formidabile e nello stesso tempo malinconica e stanca, sfuggente. Trieste, per me, è una città mentale».

Per gli autori triestini le cose possono essere diverse: Mario Alberti, noto per la collaborazione con le riviste Nathan Never e Dragonero e attivo anche in Francia, si è confrontato poco con la sua città. «Trieste è una delle città più belle che conosca», afferma, «non mi è mai capitato di fare una storia esplicitamente ambientata qui solo perché non si è presentata l’occasione giusta: per storia, suggestioni e atmosfera c’è tutto quello che servirebbe. Trieste compare nella mia vecchia serie “Morgana”: la protagonista abita nel castello di Miramare, anche se non possiamo essere sicuri di trovarci ancora sulla Terra. E Trieste c’è anche nel breve fumetto fatto per il libro “Barcolana – Un mare di racconti”: ho disegnato il golfo e una balena davanti a piazza Unità!”».
I volumi “Est.Nord.Est”, “Vedrò Singapore?” e “La porta di Sion” di Walter Chendi sono zeppi di immagini di Trieste, nei tre libri delle “Maldobrie” è in secondo piano mentre nel prossimo “Rondò alla turca” la famiglia del protagonista è originaria della città. Racconta Chendi: «Ho immesso vedute o edifici di Trieste nelle mie storie come ho fatto con una fontana francese, qualche negozio belga, una scalinata spagnola o delle fabbriche inglesi, e ora sto facendo con molta Istanbul, Londra, un po’ di Mar Nero, Sofia e altro.

Non c’è mai stata difficoltà maggiore o minore nel disegnare perché fare quell’inquadratura era indispensabile alla trama che avevo scritto, alle ricerche che avevo fatto, al movimento che era giusto facessero i personaggi in base ai dialoghi». E ci sono altri testi su Trieste che stuzzicano la fantasia di Walter Chendi: «Ho amato un piccolo libro che stavo per trasformare in un fumetto. Non trattava proprio di Trieste ma ne era pervaso. È “Il campeggio di Duttogliano” di Tullio Kezich, entusiasta dell’idea come anche la signora Sellerio. Ci volevano un paio d’anni per portarlo a termine, non se ne fece nulla anche per la scomparsa dell’autore e poi quella dell’editrice. Un altro progetto potrebbe essere “Appuntamento a Trieste” di Giorgio Scerbanenco, con atmosfere e luoghi della città durante il governo alleato. Una storia di spie, assassini e passione».

Ma Trieste è entrata anche nell’universo Disney. Nel 2014 Lorenzo Pastrovicchio, insieme ad Andrea Castellan, crea per la mitica rivista Topolino la storia “Atomino, Topolino e il mistero delle merendine mutevoli” in cui si parla dell’atomo e dell’energia nella città della scienza. «Una volta - racconta Pastrovicchio - ho disegnato il Castello di Miramare ma non era la dimora asburgica che tutti conosciamo, per me era diventata una villa caraibica in cui si rifugiava beato Zio Paperone. La storia di Atomino, invece, è ambientata al Sincrotrone, nel mondo degli scienziati, ed è infarcita anche di qualche battuta in dialetto triestino quando Topolino arriva alla stazione centrale. Ma contestualizzare una storia Disney in una città vera non è mai facile».
Che Trieste seduca anche gli autori stranieri non è una novità: il fumettista francese David B. nel suo “Diario italiano” inizia il suo viaggio disegnato per lo stivale da una casa di gatti collocata in Cittavecchia. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo