Griro d'Italia: Quintana trionfa, ma la vittoria è di Trieste

Centomila presenze stimate in città. Immagini in diretta in 170 Paesi: formidabile vetrina turistica. L'ultima tappa vinta dallo sloveno Mezgec in volata. Organizzazione perfetta e grandi emozioni per la passerella finale della corsa rosa

Una Trieste così forse non la immaginavano nemmeno i triestini. Un giorno da capitale, al centro dell’attenzione dello sport internazionale. Tre ore in Mondovisione, con immagini che sono rimbalzate in oltre 170 Nazioni. Una passerella promozionale, quella offerta dal Giro d’Italia che ha incoronato il colombiano Nairo Quintana, che dal punto di vista turistico vale oro: quante partecipazioni a fiere specializzate e quanti onerosi investimenti la città dovrebbe sostenere per riuscire a ricavare un ritorno simile? Inutile nemmeno provare ad azzardare calcoli: una cifra simile probabilmente manderebbe in bancarotta il Municipio.
A proposito di numeri: erano attesi in 100mila lungo il percorso dell’ultima tappa del Giro. In casi come questi, si sa, le stime si fanno a occhio. Valli a contare. Erano una marea gli spettatori, questo sì. Un muro umano sulle Rive. Gente accalcata contro le transenne, da corso Cavour sino a Riva Ottaviano Augusto. A San Giacomo e in Barriera. E prima di arrivare a Trieste, lo stesso entusiasmo è stato palpabile anche sulle strade dell’Isontino e del Monfalconese, con il suggestivo passaggio davanti al sacrario militare di Redipuglia.
Stavolta Trieste ha avuto anche una fortuna sfacciata. Qualcuno dirà: almeno per una volta...Persino il meteo ci ha messo del suo: quel po’ di pioggia che il cielo doveva riversare se l’è conservata per i minuti immediatamente seguenti all’arrivo del gruppo. Il sipario sulla corsa e l’acquazzone sono calati con clamorosa sincronia. Prima, un sole da cartolina. Le circostanze migliori per liberare lo spettacolo sempre emozionante delle Frecce Tricolori, altro piccolo capolavoro di tempismo. La pattuglia acrobatica doveva muoversi in concomitanza con l’arrivo dei corridori sulla Strada Costiera: non ha sgarrato di un secondo. Ci siamo ritrovati in migliaia con il naso all’insù. Si sono ritrovati in milioni davanti alla televisione per scoprire come professionalità e coraggio possano regalare dieci minuti di autentica magia. Di fronte allo spettacolo delle “Frecce”, com’era peraltro facilmente prevedibile, anche quello che stava succedendo in mezzo al gruppo è passato in secondo piano.
L’ultima tappa di una grande corsa a tappe, del resto, non è quasi mai decisiva: è una sorta di cavalcata festosa per chi va a indossare definitivamente la maglia del primato e per chi è sopravvissuto a tre settimane di sudore, fatica, Gran premi della montagna, discese ardite e risalite, traguardi volanti, fughe, allunghi, cadute, forature e tutto ciò che è ciclismo ma appartiene anche a una terminologia che sembra fatta apposta per disorientare i profani. Gli “elastici”, i “treni”. Finisce quasi sempre in volata. Finisce quasi mai che il più veloce sia un ciclista proveniente dalla Slovenia. La ruota davanti a quella degli altri l’ha messa Luka Mezgec, con buona pace di Nizzolo e del suo colorato Fan Club accampatosi da metà mattina in piazza Venezia. Ma alla fine si sono consolati tutti e in fretta. Ieri in piazza dell’Unità d’Italia, infatti, è andata in scena una festa. O una “fiesta”, nel rispetto di una classifica generale che vede un colombiano, Quintana appunto, signore del Giro e un suo connazionale, Uran Uran, secondo. Quintana con il suo volto orgogliosamente antico, niente di più lontano dallo star system. Quintana con il padre-patriarca, con la piccolissima Mariana avvolta in un batuffolo color - giustamente - rosa. Una festa, quella di Trieste, e un segnale. Negli ultimi dieci giorni è successo qualcosa in una realtà dove poco accade e poco si può far accadere. Lo scrollone, robusto, impossibile da ignorare, è arrivato dallo sport. Capita, qualche volta. Sabato scorso la città ha riscoperto un cuore giovane con l’entusiasmo del popolo dei 9mila della “Color Run”. Un entusiasmo dirompente al punto da ciontagiare anche chi non avrebbe mai immaginato di divertirsi facendosi investire da spruzzi variopinti correndo lungo le Rive. Il giorno dopo Trieste si è lasciata sedurre dalla suggestione della pedalata nel nome di Giordano Cottur: generazioni si sono date appuntamento in piazza Unità con una maglia rosa addosso per percorrere in anteprima le strade che ieri sono state attraversate dal Giro. Un’altra scossa è arrivata dai 6150 spettatori del PalaRubini per Italia-Iran di pallavolo maschile, un chiaro sintomo che i Mondiali femminili di settembre saranno un successo. Infine, cronologicamente s’intende, la sbornia del Giro d’Italia di ieri. Qualcuno, venendo da fuori città, potrebbe a questo punto chiedersi se questa Trieste che si fa travolgere dall’amore per lo sport e per lo spirito della festa popolare sia la stessa Trieste che ogni anno assiste basìta agli stenti della sua principale società calcistica o fa fatica a mettere insieme un budget decente per affrontare un buon campionato di LegaDue di basket. E, tranquilli, per una volta vi risparmiamo il riferimento canonico al “no se pol” recitato come un mantra di fronte a qualsiasi novità...Quel qualcuno, venuto da fuori città, fattosi quella domanda si aspetterebbe magari anche una risposta. Ma riuscire a dargliela temiamo sia più arduo che arrampicarsi sullo Zoncolan.
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