I croati alimentano la ribellione per l’indipendenza dalla Bosnia

La propaganda nazionalista dell’Hdz, al governo a Zagabria, chiede la fine degli Accordi di Dayton. Da mesi in corso una guerra tra servizi segreti
20040723-MOSTAR, POL : BOSNIA: RESTITUITO AL MONDO IL VECCHIO PONTE DI MOSTAR- Una veduta del vecchio ponte Stari Most nella citta' di Mostar, oggi in occasione della sua inaugurazione. Il famoso ponte ottomano era stato distrutto dai croati nel novembre 1993. FILIPPO MONTEFORTE/ANSA/MP
20040723-MOSTAR, POL : BOSNIA: RESTITUITO AL MONDO IL VECCHIO PONTE DI MOSTAR- Una veduta del vecchio ponte Stari Most nella citta' di Mostar, oggi in occasione della sua inaugurazione. Il famoso ponte ottomano era stato distrutto dai croati nel novembre 1993. FILIPPO MONTEFORTE/ANSA/MP

BELGRADO Un affare dannatamente balcanico, intriso di rivendicazioni etniche, odio mai sopito, espansionismo nazionalista, il tutto ripassato in una magmatica salsa fatta di servizi segreti più o meno deviati e di controspionaggio che non vuole feriti sul campo. È questo l’oscuro lavorio dei croati che, appoggiati dal governo di Zagabria vorrebbero abolire gli accordi di Dayton del 1995 con cui ebbe fine la guerra nella ex Jugoslavia, per decretare l’indipendenza dell’Erzegovina croata dalla Bosnia e proclamare così la “mitica” Repubblica di Herceg-Bosna. Nata il 18 novembre del 1991 da una costola dell’Hdz, il partito nazionalista creato da Franjo Tudjman con capitale Mostar si auto attribuì un'autonomia politica, culturale, economica e territoriale, all'interno del territorio della Bosnia-Erzegovina, allo scopo di proteggere i propri interessi nazionali e preoccupati dall'idea che il presidente serbo Slobodan Milošević stesse per attuare il progetto della "Grande Serbia", occupando parte del territorio bosniaco. L’avventura però ebbe presto fine e non sopravvisse alla fine della guerra. Bocciata da Sarajevo ma anche da Washington venne demolita con molti dei suoi leader che successivamente finirono sotto processo all’Tribunale internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia beccandosi condanne dai 25 anni all’ergastolo per crimini contro l’umanità.

Ma nei Balcani la storia insegna poco e l’epica si fonda sulle disfatte (leggi Kosovo Polje per i serbi). Ecco allora che il leader dell’Hdz in Bosnia, Dragan Čović inneggia ai valori e all’importanza dell’autoproclamata Repubblica di Herzeg-Bosna perché i croati conquistino l’uguaglianza dei diritti in tuttala Bosnia. Un discorso folle in cui il leader assicura che non saranno colpiti quelli che in passato hanno avuto problemi in Herceg-Bosna e che la ricordano come terra di case bruciate, chiese date alle fiamme, di campi di concentramento e di città etnicamente ripulite, tutti «simboli di patriottismo», li ha definiti Čović, della lotta del popolo croato in Bosnia.

Sul versante serbo non è mancata la risposta di Milorad Dodik, attualmente anche presidente di turno della presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina e storico leader radicale e nazionalista della Republika Srpska. Tra Banja Luka e Belgrado il fiume Drina non dovrebbe più dividere i serbi con il presidente della Serbia Aleksandar Vučić che “benedice” come ottimi i rapporti con la Republika Srpska.

Le micce sono pronte e a innescarle hanno tentato anche gli 007 di Zagabria. Il potentissimo capo dei servizi segreti Davor Franić, nome in codice Mehanik Davor (Davor il meccanico) ha tentato di fornire armi ai gruppi salafiti islamici presenti in Bosnia per poter avvalorare le dichiarazioni del capo dello Stato croato, Kolinda Grabar Kitarović che ha definito la Bosnia-Erzegovina come il paradiso dei terroristi islamici in Europa. Scoperto è stato denunciato pubblicamente dal ministro per la Sicurezza nazionale di Sarajevo Dragan Mektić. Il quale però si è visto finire sotto inchiesta (poi finita nel nulla) il suo vice Mija Krešić assieme al giornalista Mate Đaković e al console croato a Tuzla Ivan Bandić per collaborazionismo con gli 007 croati. Per poi finire lui stesso indagato dai giudici per abuso di potere, per rivelazione di segreto di Stato e di false dichiarazioni. Mektić non è rimasto in silenzio e ha a sua volta accusato la magistratura bosniaca di proteggere gli interessi croati in quanto non è in grado di smentire l’azione dei servizi segreti di Zagabria e anche per proteggere gli interessi personali di alcune persone invischiate nella vicenda. Tutto molto balcanico, dannatamente balcanico. —


 

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