I disegni di Beatrice, bimba con due mamme e un gatto

Non mi sento né migliore, né peggiore: mi sento uguale». Queste le parole di uno dei giovanissimi protagonisti de “Il lupo in calzoncini corti”, il primo documentario che si sviluppa attraverso la...
Lasorte Trieste 16/11/11 - Via Capitelli, MetroKubo, Mostra Famiglia
Lasorte Trieste 16/11/11 - Via Capitelli, MetroKubo, Mostra Famiglia

Non mi sento né migliore, né peggiore: mi sento uguale». Queste le parole di uno dei giovanissimi protagonisti de “Il lupo in calzoncini corti”, il primo documentario che si sviluppa attraverso la voce narrante dei figli degli omosessuali italiani, proiettato in anteprima la settimana scorsa al cinema Ariston. Proprio a Trieste ha preso avvio il tour nazionale delle proiezioni del “Lupo” e insieme si è voluto allestire una particolare esposizione di disegni ospitati nello spazio MetroKubo di via dei Capitelli.

La mostra, dal titolo “C’era una volta la mia famiglia fantasma. I bambini delle famiglie arcobaleno disegnano la loro realtà”, è costituita da una quindicina di “opere” di bimbi, maschi e femmine, delle scuole materne ed elementari, di famiglie omogenitoriali, composte cioè da due mamme o da due papà insieme ai loro figli. Piccoli artisti che hanno riprodotto le immagini della loro normalità: la mamma e l’altra mamma, il papà e l’altro papà o ancora la mamma e il papà ciascuno con la propria fidanzata. Come Beatrice, che sotto il suo disegno scrive: «Il mercoledì viene a prendermi mamma Sonia e andiamo insieme a cavallo. Il giovedì invece vado con mamma Franci a pianoforte con la mia amica Alice. La mamma di Alice dice che sono fortunata perché ho due mamme e un gatto rosso».

Nadia Dalle Vedove, regista insieme a Lucia Stano, spiega: «Attraverso il film e la mostra vorremmo raccontare una realtà viva e presente anche in Italia, con oltre 100 mila bambini figli di genitori omosessuali che continuano a scontare un vuoto legislativo: la documentazione cartacea esistente non prevede quei genitori, i nuclei familiari da loro costituiti non sono riconosciuti. Non hanno diritti né eguale accesso ai servizi. Per non parlare dello stereotipo dell’unica famiglia possibile, quella eterosessuale, in cui incappano i bambini».

Davide Zotti, presidente del Circolo Arcobaleno Arcigay Arcilesbica di Trieste, descrive le difficoltà quotidiane vissute dai bambini, le complicazioni per la madre o il padre non biologico per prelevare i figli a scuola, portarli alle visite mediche o autorizzarli a partecipare a una gita. «L’Italia è l’ultimo paese insieme alla Grecia senza una normativa che faciliti il riconoscimento civile delle coppie omosessuali - sottolinea - favorendo invece l’esistenza di cittadini che, per lo stato in cui vivono, non esistono: sono “famiglie fantasma”». È l’Associazione Famiglie Arcobaleno che, dal 2005, raccoglie i genitori omosessuali italiani per i quali la visibilità a scuola e nella vita quotidiana è fondamentale affinché i bimbi non si sentano mai in una famiglia “meno famiglia” delle altre. «Va riconosciuta la discrepanza tra la preparazione dello stato, pari allo zero e la grande apertura della società dove l’accettazione e l’integrazione ci sono e sono spontanee», continua Nadia. La mostra, curata dall’Associazione culturale Daydreaming Project in collaborazione con l’Associazione Famiglie Arcobaleno, resterà aperta fino al 30 novembre, da mercoledì a sabato dalle 17 alle 19.30.

Vanessa Maggi

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