«I ragazzi dei gavettoni la devono pagare»

Chiedeva giustizia e il primo passo è fatto: i colpevoli ci sono. Ma Luca P., il trentottenne ferito da un gavettone in pieno volto da un gruppo di giovani a bordo di un’auto in corsa, vuole di più. «Devono pagare, devono assumersi la responsabilità della loro azione, afferma. «Perché mi hanno fatto del male». Per danni si intende le gravi lesioni alla faccia che l’uomo ha subìto.
Era la notte del 5 marzo quando Luca passava lungo la galleria San Vito. Stava rincasando dopo una serata tra amici quando la bomba d’acqua, gettata con forza, gli ha provocato la frattura all’orbita dell’occhio destro. Per il trentottenne triestino, soccorso dall’ambulanza, è stato necessario un intervento chirurgico d’urgenza. Rischiava problemi seri alla vista, forse anche di perderla. Un pericolo scongiurato proprio grazie all’operazione in ospedale. Ci sono voluti giorni e giorni di indagine per scoprire gli autori della “goliardata”. Non solo di questa, ma anche di altre analoghe compiute negli ultimi fine settimana e forse anche i mesi scorsi, prendendo di mira la gente per strada. Numerosi i casi segnalati dai cittadini.
La “banda dei gavettoni”, così è stata battezzata, si muoveva a bordo di una Focus grigia con un portapacchi nero sul tettuccio, stando ai racconti. È proprio grazie alle testimonianze e alle immagini delle telecamere installate nel centro cittadino, dove il mezzo era stato avvistato, che la polizia è riuscita a risalire ai responsabili: quattro ventenni triestini che si divertivano così. Forse per noia, forse per voglia di trasgredire. Hanno confessato.
«Non volevamo ferire quell’uomo...», ha riferito uno dei giovani al pm Federico Frezza che aveva avviato l’inchiesta. Un ragazzo descritto come uno studente di buona famiglia. Il gruppetto è accusato di lesioni gravi in concorso. Per arrivare alla banda è stata determinante la deposizione di una ragazza colpita in via San Michele nelle stesse ore dell’aggressione a Luca in galleria San Vito. I ragazzi, insomma, scorrazzavano in auto scagliando palloncini d’acqua sulle persone. Non delinquenti con precedenti, ma studenti incensurati. Un gioco sfuggito di mano. L’inchiesta, dopo i fatti di quella notte, sembrava avviarsi verso il nulla. Invece no, la polizia non ha mollato la presa. E due investigatori della Squadra mobile qualche giorno fa si sono presentati a casa di uno della banda. «Ci segua in questura».
uca P., l’unica vittima di questa vicenda, ringrazia le forze dell’ordine per l’impegno e i mezzi di informazione che hanno parlato a lungo del caso. «Li hanno presi, sono contento - commenta il trentottenne - è giusto dare un nome a queste persone che mi hanno fatto del male, adesso devono prendersi le loro responsabilità». L’uomo non intende fermarsi qui. «Avevo fatto denuncia, adesso vediamo come proseguire - spiega - mi devo consultare con un avvocato per decidere. Penso che domanderò i danni, perché le lesioni sono state gravi». Il trentottenne, di professione impiegato, ha appena ripreso a lavorare. Dopo ben un mese. «La vista però non è ancora ottimale - afferma -, non sto ancora al meglio. I medici mi dicono che tornerà tutto a posto, ma io continuo ad avere problemi perché vedo male quando giro la testa velocemente e soprattutto non mi funziona bene la palpebra inferiore. Quando metto a fuoco qualcosa, l’occhio destro mi rimane aperto. Non ce la faccio a chiuderlo. Il fatto di vedere macchie e la limitata mobilità della palpebra inferiore dovrebbero rappresentare disagi passeggeri, però oggi ci convivo...».
Tra un paio di settimane Luca sarà sottoposto ad altri accertamenti oculistici, mentre tra un mese e mezzo ha in programma una visita maxillofacciale per verificare gli esiti dell’intervento chirurgico: un’operazione delicata che aveva reso necessario l’inserimento di una placca di titanio sotto l’orbita oculare. «Per fortuna li hanno presi - riflette ancora il trentottenne -. In queste ore ho ricevuto moltissimi messaggi di solidarietà da amici e conoscenti. Finalmente l’inchiesta è giunta a una conclusione e ci sono dei colpevoli». Ma la battaglia legale è destinata a proseguire.
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