Il 30 dicembre di 50 anni fa l’ultima corsa del tram 6 da San Giovanni a Barcola

L’esperto: «All’epoca le aziende avevano individuato  nel filobus la soluzione migliore E c’era la necessità di allargare viale Miramare per le auto»



Martedì 30 dicembre 1969, cinquant’anni fa. In una serata fredda e pungente, mentre i triestini si preparano a salutare il decennio del boom economico, il caro e vecchio tram 6 esce di scena fra l’indifferenza di molti. Uno scarno comunicato aziendale aveva informato la cittadinanza che la linea tranviaria numero 6 sarebbe stata trasformata in automobilistica, come già previsto dal piano di trasformazione del servizio pubblico in città.

La maggior parte dei triestini era però affezionata a questa linea perché rappresentava qualcosa di particolare, legato a una passeggiata sul lungomare barcolano oppure ai primi bagni di stagione.

Il primo servizio di collegamento fra Barcola e il centro inizia nel 1875 grazie a delle diligenze: proseguirà poi nel 1883 con il posizionamento dei binari e l’arrivo delle prime “giardinette”, vetture aperte per l’estate e chiuse per l’inverno. Ma l’arrivo del Novecento porta una grande novità: il tram elettrico. Figlio del progresso, il nuovo veicolo fa la sua apparizione il 9 ottobre 1900, inserendo Trieste nella lista delle prime città europee che applicano l’elettricità ai mezzi di trasporto.

La nuova linea, gestita dalla Società Triestina Tramway, si sviluppa sul percorso piazza Negozianti (oggi piazza Tommaseo) – piazza della Legna (ora piazza Goldoni) – Volti di Chiozza–via del Torrente (l’attuale via Carducci)–Stazione della Ferrovia Meridionale–Barcola: non è contraddistinta da un numero ma da tabelle con lo sfondo bianco sul quale spiccano scritte verdi.

L’inaugurazione avvenne al tramonto per meglio far risaltare le vetture illuminate all’interno dalla corrente elettrica. Quando i tram uscirono dal deposito di via Margherita con destinazione Barcola, già un’ora prima dell’arrivo del convoglio inaugurale la gente si era assiepata lungo il percorso in attesa di assistere all’evento. Però l’arrivo dell’“elettrico” non incontrò il favore di tutti: c’era chi caldeggiava il mantenimento del servizio ippotrainato, «giurando sui pericoli dei tramvagli elettrici che avrebbero potuto addirittura esplodere alla rottura del filo di alimentazione e che l’aria, satura di energia elettrica, avrebbe insidiato il sistema nervoso».

Il nuovo sistema di trasporto, dopo un primo periodo di diffidenza, riscuote grande successo di pubblico e ciò si protrarrà fino allo scoppio della Grande guerra, quando il filo di rame della rete di contatto viene smontato e fuso per scopi bellici: i tram elettrici sono costretti a fermarsi e le vetture ippotrainate ritornano in servizio. Alla fine delle ostilità, l’elettrico riparte ma con il filo di ferro al posto di quello di rame per alimentare l’infrastruttura. Nel 1922 le tabelle colorate che contraddistinguevano il percorso vengono sostituite da un numero e per la linea di Barcola viene scelto il 6.

Dal primo gennaio 1952 il tragitto originario cambia in seguito alla fusione con quello della linea 7: ora il tram 6 unisce San Giovanni a Barcola, transitando lungo le vie Giulia, Battisti, Carducci, stazione centrale e viale Miramare, un percorso che resterà inalterato fino alla fine. Ma quali furono i motivi che portarono alla soppressione del tram 6? «Già negli anni ’50 – afferma Giorgio Grisilla, studioso e ricercatore della storia dei trasporti – i tram erano considerati obsoleti e le aziende di trasporto avevano individuato il filobus come il mezzo più idoneo. Senza contare che all’epoca non si parlava di inquinamento e che il mantenimento di una rete tranviaria comportava spese per manutenzione sia del binario che della rete aerea. Inoltre non va dimenticato che l’aumento della motorizzazione privata richiedeva l’ampliamento a quattro corsie di viale Miramare». —



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