Il Biancone fa tappa alla Cona per cibarsi

di Tiziana Carpinelli
STARANZANO
Vola nel cielo aperto con la biscia saldamente imprigionata nel becco. Ignaro, il Biancone, di essere immortalato dall’obiettivo. Perfettamente inconsapevole del fatto che qualcuno, in quel fendere l’aria di penne bianche, ha intravisto una rarità. Un fugace elemento di eccezionalità della natura.
Forse non ce ne siamo ancora accorti, ma abbiamo l’Eden a due passi da casa. E si chiama Isola della Cona, dove il cosiddetto Biancone (nome scientifico Circaetus gallicus), un singolare rapace di grandi dimensioni, così chiamato per il piumaggio inferiore prevalentemente chiaro, è stato recentissimamente avvistato. Nonostante sia una specie di aquila e raggiunga due chili di peso e un metro e ottanta centimetri di apertura alare, è un uccello poco noto perché ha la capacità di passare inosservato e di condurre un’esistenza discreta nelle zone meno frequentate dall’uomo. Ha grandissimi occhi gialli, grazie ai quali riesce a scorgere da discrete altezze le mimetiche prede di cui si nutre: i serpenti.
Si tratta di una specie migratrice, peraltro a rischio estinzione, che trascorre l’inverno nell’Africa subtropicale. Nel nostro Paese stagiona a partire da marzo e fino al termine dell’estate. La sua casa non è propriamente Staranzano, giacché nidifica in Maremma, tra l’Appennino ligure e le Alpi occidentali, oppure nelle regioni collinari della costa adriatica e ionica dall’Abruzzo. Tuttavia la sua presenza alle foci dell’Isonzo può essere giustificata dalla straordinarietà delle temperature meteo del periodo: il caldo scoraggia l’avvio del letargo e i rettili, di cui il Biancone è particolarmente ghiotto, continuano a strisciare all’aria aperta. «Si tratta di una rara specie (in Italia si annoverano tra le 200 e le 400 coppie, ndr), molto esigente in materia di cibo, che si nutre quasi esclusivamente di serpenti - spiega Fabio Perco, direttore della riserva naturale “Foce dell’Isonzo -. Un’abitudine da millenni fonte di ispirazione per la fantasia popolare, che ne ha fatto a seconda dei casi un presagio variamente interpretabile, un simbolo araldico o un segno della vittoria del “Bene contro il Male”». «Sta di fatto - così l’esperto - che la specie, proprio a causa delle sue peculiari abitudini gastronomiche, appare scarsamente presente, stazionando da noi solo durante la bella stagione, cioè quando le predilette e sfuggenti prede non sono in letargo». Ma ci vuole, per l’appunto, un occhio d’aquila.
«L’abbondanza - conclude - di bisce d’acqua, del tutto innocue per l’uomo, all’Isola della Cone e nella Riserva naturale, a loro volta attratte dai numerosi anfibi di cui si nutrono, soprattutto rane e tritoni, è notevole e quindi contribuisce ad aggiungere un tassello importante e prezioso alla catena alimentare». A dispetto della fama, pare che il Biancone solo raramente catturi serpenti velenosi, rispetto al cui veleno non sembra essere comunque immune.
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