Il camionista non si arrende Mille curriculum, zero colloqui

Salvatore D’Andrea a 52 anni non ha perso la speranza di ottenere un impiego «Quando mi taglieranno il gas sarò costretto ad andare a mangiare dai frati»
Di Stefano Bizzi
sterle trieste operai della ferriera in sciopero prefettura
sterle trieste operai della ferriera in sciopero prefettura

Mille curricula consegnati in tutto il Friuli Venezia Giulia, zero colloqui sostenuti. Cercare lavoro può diventare un impegno a tempo pieno e anche se rimane un mestiere non retribuito, deve essere fatto. Salvatore D’Andrea lo sa bene e a 52 anni non perde la speranza. Non vuole perderla. Ne va della sua dignità di uomo. Commiserarsi non serve a nulla e, soprattutto, non aiuta a migliorare la propria situazione. Allora lui insiste: tiene duro e continua la sua caccia ad un impiego perché sa che dietro a un angolo, all’improvviso, può incontrare una porta a cui non ha ancora bussato e scoprire che si tratta di quella giusta. Camionista, per 24 anni ha guidato sulle rotte nazionali ed internazionali. Prima di rimanere a casa ha guidato per altri sei anni gli autobus. Dapprima quelli turistici, poi quelli di linea; sempre con contratti a tempo determinato: sei mesi o un anno. Un giorno tutto è però finito. Il buio è diventato tenebra.

«Ho in tasca 10mila euro di patenti e un’esperienza trentennale, ma a nessuno sembra importarne nulla di tutto questo», dice con rammarico. Originario di Napoli, dopo 44 mesi di disoccupazione forzata, lo scorso anno si è trasferito a Gorizia perché a Gorizia viveva uno dei figli. Ora i mesi di disoccupazione sono diventati 56: “tradotto” significa che non lavora da oltre quattro anni e mezzo. «Non mi aspettavo di trovare gente pronta ad accogliermi a braccia aperte, ma sono venuto al nord perché speravo che la situazione fosse migliore di quanto non fosse al sud», racconta aggiungendo: «A Napoli, la gente disperata come me viene reclutata per delinquere; me ne sono andato per questo. Perché prima o poi ti reclutano. Allora cominci a vedere i soldi, ma anche ad avere le persone sulla coscienza». All’inizio è riuscito a sopravvivere con il lavoro in nero, poi è venuto a mancare anche quello e ha partecipato a tutti i progetti-lavoro a cui è riuscito ad accedere. Ha quindi battuto a piedi le zone industriali e artigianali dell’intera regione. Da Gorizia a Pordenone, da Udine a Grado, da Trieste alla Bassa friulana ha trovato solo il nulla. «Non è che non mi sia mai stata fatta una proposta di lavoro, non sono stato proprio neppure mai chiamato per un colloquio”, osserva deluso. Nell’aprile dello scorso anno Salvatore si è iscritto al centro per l’impiego di Gorizia, ma non è servito nemmeno questo. «Mi sono stati proposti solo dei corsi di formazione. Ma mi domando: come possono pensare che da Gorizia uno possa andare fino a Monfalcone per imparare ad usare un computer quando non ha neanche i soldi per mangiare? Come lo paga il biglietto dell’autobus o del treno? L’unica persona che mi ha dato una mano è stata l’assessore provinciale Ilaria Cecot. Oltre a ricevermi periodicamente mi ha portato alla Caritas per vedere se almeno lì potevo lavorare con i voucher. Un sostegno l’ho poi ricevuto dalla stessa Caritas. Se non vado a pranzo dai Cappuccini è solo perché c’è l’Emporio della solidarietà. La priorità, per il momento, è legata al pagamento delle bollette, ma quando mi taglieranno il gas, per mangiare, sarò costretto ad andare dai frati anch’io».

Il rapporto con le istituzioni non è facile. La quantità di persone che ogni giorno bussa alle porte degli amministratori locali per chiedere aiuto è sempre maggiore. In municipio gli è stato detto chiaro e tondo che a mancare sono le risorse. «Sembra però che abbiano almeno accettato la mia domanda per il Fondo di morosità inconsapevole. Così potrò pagare l’affitto al padrone di casa. È una guerra psicologica continua. Persone che si sono trovate in queste situazioni hanno compiuto gesti estremi, ma buttarsi sotto un treno o arrampicarsi in cima ad una ciminiera non serve a niente». Salvatore non chiede ammortizzatori sociali, chiede un lavoro. «Quelli non servono. Rimandano solo il problema. È una storia che Napoli ha vissuto già 15 anni fa. In Italia funziona così: si aspetta l’ultimo giorno e solo poi ci si pone il problema. Intanto al centro per l’impiego di Gorizia ci sono 1.500 iscritti. Solo per fare una modifica al proprio curriculum si deve chiedere un appuntamento e si viene ricevuti a distanza di un mese. Uno dei miei figli a 19 anni ha fatto le valige e se ne è andato in Inghilterra. Ora lavora e non pensa di tornare. Qui i giovani hanno smesso anche di cercare un impiego. Sono demotivati». Mille curricula consegnati e zero colloqui sostenuti: Salvatore non si arrende.

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