Il campanile di San Lorenzo simbolo di italianità nel panorama goriziano

Punti di vistaIl 10 agosto di ogni anno il paese di San Lorenzo, in attesa della nottata delle Perseidi cadenti, dopo i “scampanotadors” festeggia libando all’ombra del campanile la giornata del...

Punti di vista



Il 10 agosto di ogni anno il paese di San Lorenzo, in attesa della nottata delle Perseidi cadenti, dopo i “scampanotadors” festeggia libando all’ombra del campanile la giornata del santo al quale deve il nome. La “Storia del campanile di San Lorenzo (1570-1925)” è delineata da Vanni Marega e Liliana Mlakar nel testo omonimo, edito nel 2010 dalla Parrocchia di San Lorenzo: ricordando come il campanile «delinea il profilo dell’aggregato urbano rimanendo nel corso dei secoli riferimento visivo oltreché morale per la comunità paesana», scrive infatti Giacomo Pantanali come due siano i passaggi significativi che incidono sulla variazione compositiva del campanile.

Il primo nel 1611, con la torre campanaria in sostituzione della vela sulla facciata della chiesa, allora di assai più piccole dimensioni rispetto l’attuale della metà del Settecento. Questa torre, che con la tozza cuspide piramidale raggiungeva i 20 metri d’altezza, fu sopraelevata di quasi 6 metri nel 1835 con una più slanciata piramide, mentre, con il progetto del perito Tomasin di Gorizia, nel 1875 venne ricostruita la cella campanaria con al di sopra una nuova cima a bulbo in struttura lignea ricoperta da lastre di lamiera, poggiante su uno slanciato tamburo ottagonale per un’altezza totale di 29,20 metri.

Il secondo nel 1897, quando viene decisa la costruzione di un nuovo campanile da 43 metri, incaricando al progetto Gerolamo D’Aronco, titolare di un’impresa edile che nel corso della sua attività ebbe a costruire 15 campanili e che fu padre del più famoso architetto Raimondo, tra i principali esponenti del Liberty italiano nonché amico del goriziano Antonio Lasciac, avendo ambedue operato ad Istanbul ai primi del ‘900.

«La commessa a D’Aronco (udinese, ma gemonese di nascita) condizionò la tipologia del campanile che è decisamente estranea alle coeve tipologie del Goriziano, ma si rifà a tipi decisamente veneti e prossimi allo stile marciano. Un caso che però non rimarrà isolato, in quanto nel dopoguerra la ricostruzione di varii campanili della zona abbracciò questi canoni (Lucinico, San Pietro, Vertoiba, Farra)» ancorché qui l’intento fosse quello del «ricostruire senza riproporre le precedenti cipolle in rame, troppo asburgiche rispetto coperture a piramide e facciate in mattoni a vista di matrice veneta e quindi rappresentative di italianità, secondo la concezione politica dell’epoca». —



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