Il Carso minacciato dalla pianta “killer”

TRIESTE. Per chi ama la natura, è difficile trovare qualcosa di più inquietante di un bosco silenzioso, evitato da animaletti e uccelli, “ammorbato” da sentori mefitici. È questa la boscaglia formata dall’Ailanto, un albero giunto da lontano, per l’esattezza dall’Estremo Oriente, che ormai sta colonizzando a spese delle piante autoctone boschi, giardini, scarpate e aiuole della regione. Nella provincia di Trieste, come ormai in tutto il vecchio continente, l’Ailanto rappresenta una minaccia conclamata: si tratta di una specie altamente invasiva che venne introdotta in Europa nel XVIII secolo per impostare un nuovo allevamento di baco da seta. L’esperimento fallì, ma l’Ailanto, paradossalmente conosciuto come “albero del paradiso”, ha continuato a insinuarsi ovunque, a scapito delle piante indigene.
Della minaccia rappresentata dall’Ailanto si parlerà martedì alle 18.30 nella sala del Credito Cooperativo del Carso di Opicina nel primo di una serie di incontri pubblici organizzati congiuntamente dalle circoscrizioni di Altipiano Est e Ovest. Sono previsti gli interventi del direttore dell’Ispettorato Agricoltura e Foreste di Gorizia e Trieste Aldo Cavani, dell’esperto in lotta alle piante infestanti Valter De Monte, e del presidente dell’associazione “Triestebella” e ex direttore della Forestale Roberto Barocchi. «Ora o mai più - afferma con toni bellicosi il presidente del parlamentino di Altipiano Est Marco Milkovich, riferendosi alla necessità di iniziare immediatamente la lotta alla pianta infestante -. L’invasione dell’ailanto è ormai un problema a livello mondiale, sul Carso lo si trova ovunque. In alcune aree è diventato una sorta di monocoltura, approfittando del degrado e della dismissione delle pratiche agricole».
«Dalle osservazioni compiute dal nostro Museo di Storia Naturale - afferma il direttore dei Civici Musei scientifici Nicola Bressi - emerge che nelle aree dominate dall’ailanto si interrompe la catena alimentare: foglie e corteccia infatti non sono gradite a insetti, uccelli e piccoli mammiferi». «Rispetto a altre specie invasive di cui tuttavia è possibile utilizzare convenientemente legno e altri prodotti - interviene Aldo Cavani - l’ailanto è una pianta da cui non è possibile ricavare niente di utile. Altamente diffusa, appare un pericolo per le specie locali. Per tentare di frenarne la proliferazione, sono state avviate alcune sperimentazioni per trovare dei tipi di lotta. Appare efficace l’intervento con il glifosate, un potente erbicida che viene iniettato nel tronco delle piante già mature, e che può essere pure sparso sull’apparato fogliare delle piante più giovani. Va però detto che questo tipo di intervento è degno delle metodiche dei certosini, visto che si deve agire pianta per pianta». «Per arginare questo fenomeno è importante utilizzare l’esperienza e le competenze degli specialisti forestali. Il nostro obiettivo - conclude Milkovich - è creare squadre di volontari capaci di intervenire a richiesta su terreni pubblici e privati» .
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