«Il decesso di Rasman poteva essere evitato»

La morte di Riccardo Rasman, stroncato il 26 ottobre 2006 da un collasso cardiocircolatorio mentre era trattenuto a forza a terra dai poliziotti che avevano fatto irruzione nella sua casa di Borgo San Sergio, «era pacificamente evitabile qualora gli agenti avessero interrotto l’attività di violenta contenzione a terra del Rasman, consentendogli di respirare». Così recitano le motivazioni, depositate ieri, della sentenza della Quarta sezione penale della Cassazione, che il 14 dicembre aveva confermato in via definitiva le condanne a sei mesi di reclusione, con pena sospesa, per omicidio colposo, a carico dei poliziotti Mauro Miraz, Maurizio Mis, Giuseppe De Biasi.
Dopo la conferma dell’entità delle condanne, ora dunque viene messa - nel terzo e ultimo grado di giudizio - una pietra anche sopra i perché di quella morte. Era appunto il 26 ottobre del 2006 quando la polizia venne chiamata da alcuni vicini di casa di Rasman perchè il 34enne - in cura presso il Centro di salute mentale di Domio - stava lanciando petardi. I poliziotti della Squadra volante, con l’aiuto dei pompieri, avevano tirato giù la porta dopo aver tentato invano di farsela aprire. Ne era venuta fuori una mischia furiosa: Rasman era stato ammanettato e fatto distendere sul pavimento. In tre gli erano saliti a turno sulla schiena per tenerlo fermo. Ma lui, che aveva lottato senza risparmiare il fiato, aveva iniziato a rantolare, tanto da esser sentito da una vicina. Quando era arrivato il 118 era già troppo tardi. «Asfissia posizionale» si sarebbe poi letto nella perizia medico-legale.
«Purtroppo rispetto al caso Aldrovandi l’entità della condanna per chi ha ucciso Rasman è ridicola», ha dichiarato ieri sera all’agenzia Ansa l’avvocato Fabio Anselmo, uno dei componenti dello staff di legali cui si è rivolta la famiglia della vittima, che si è già mossa anche per il risarcimento in sede civile, chiedendo otto milioni al ministero degli Interni. «Agli aguzzini di Aldrovandi è stata comminata una pena di tre anni e sei mesi - ha aggiunto Anselmo, che si è occupato anche di quel caso - ma la vicenda di Rasman credo fosse ancora più grave». «Nonostante gli anni passino, tutti continuano a stare zitti, a partire dalle forze di polizia, la verità non è mai venuta completamente alla luce, e siamo pure costretti a patire per la condanna a soli sei mesi per chi l’ha ammazzato», ha commentato sempre all’Ansa in tarda serata la sorella Giuliana. «Ho lavorato 37 anni per lo Stato - la disperazione della madre, Mariuccia - ed ora dovrei rassegnarmi al fatto che lo Stato abbia ucciso mio figlio, non lo farò mai»
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