Il declino della “Vela” che faceva furore negli anni Novanta

In principio fu “La vela” di via Grado, vera e propria mecca dello shopping alternativo ai circuiti del centro. Erano gli anni Novanta e il primo centro commerciale faceva capolino in città. Le massaie, col carrello traboccante di spesa, ingrossavano la fila alle casse del supermercato. E le loro figlie facevano la spola al secondo piano per acquistare una t-shirt al magazzino low cost. La sera, poi, quando i negozi spegnevano le insegne, si accendevano i neon del Cutter club e i giovani fin da Trieste sgomitavano per arrivare al bancone e ordinare una birra. Altri tempi. È arrivato l’“Emisfero” e “La vela” ha conosciuto un declino difficilmente arrestabile. Un anno e mezzo fa, la chiusura del negozio ”Tradeshoes”, rivendita di scarpe. L’ultima vetrina rimasta spoglia in un contenitore sempre più boccheggiante, che sulla carta ha tutti i requisiti per ottenere un discreto giro d’affari (le attività erogano servizi a una clientela che arriva pure da Fossalon e Grado) e tuttavia stenta a riprendersi. I sindacati, in particolare la Filcams-Cgil, se ne sono occupati. E, in generale, prendono spunto dal suo esempio per interrogarsi sul futuro dei centri commerciali. Ma non solo. Sollevano quesiti, come afferma il segretario provinciale Luciano Sartori, anche «sull’incapacità o impossibilità da parte delle amministrazioni di governare le modalità dell’occupazione». «Risulterebbe utile - sostiene - ottenere regole certe, magari allargando a tutto il territorio la ricerca delle modalità: potrebbe diventare un tema comune, utile al reinserimento nel mondo lavorativo di personale attualmente disoccupato, anche a fronte di incentivazioni». «Riteniamo - conclude - che al termine della crisi economica vi sarà un nuovo modello di sviluppo pure per questo settore, quindi potrebbe diventare importante “sperimentare” nuove tipologie, come la gestione comune di market». (t.c.)
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