Il forum degli eredi di Basaglia per difendere la legge 180

Ogni martedì il Gruppo di protagonismo Articolo 32 si incontra all’ex Opp nel Parco di San Giovanni L’obiettivo è migliorare i servizi di salute mentale in Italia. Molte le collaborazioni internazionali
Di Lorenza Masè
sterle trieste azienda sanitaria prof rotelli
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La lunga storia della chiusura dei manicomi inizia in Italia nel 1978 con la legge 180, meglio nota come legge Basaglia, la prima del suo genere a livello internazionale. Era il 1971 quando Franco Basaglia assumeva la direzione dell’ospedale psichiatrico provinciale di Trieste, in cui allora erano internate 1182 persone. Da allora la nostra città è considerata un punto di riferimento a livello mondiale per un approccio innovativo all’assistenza psichiatrica.

I manicomi, però, nel resto del Paese non hanno chiuso da un giorno all’altro; sarebbe stato impensabile, non accade così nemmeno per le fabbriche. La maggior parte è rimasta aperta fino agli anni ’90 e a oggi, nel nostro Paese, ci sono dei luoghi dove si praticano ancora elettroshock e contenzione. Il parco di San Giovanni oggi ospita facoltà universitarie e servizi cittadini. Vicino al cavallo di Bronzo nei pressi della direzione del Dipartimento di salute mentale in via Weiss, 5 ha sede il Gruppo di protagonismo Articolo 32, che dal 2007 si batte per migliorare i servizi di salute mentale e diffondere le buone pratiche di un servizio pubblico e gratuito per tutti. Qui si incontra tutti i martedì dalle 11 alle 13.

Cuore pulsante del forum sono Pietro Degrassi e Stephanie Lerotic per la segreteria organizzativa, Roberto Calella, Novella Comuzzi, Silvana Hvalic, Elena Cerkvenic, Flora di Fiore e Silva Bon.

Spiega Degrassi: «Siamo nati per l’esigenza di confrontarci e coordinarci per il sostegno e la difesa della legge nazionale 180 allo scopo di rafforzare la partecipazione delle persone con esperienza di disagio mentale e per intervenire sulla qualità del servizio pubblico. Ci chiamiamo “di protagonismo” - prosegue - perché crediamo che le persone durante il loro percorso di ripresa debbano essere protagoniste e Articolo 32 perché ci rifacciamo all’articolo della costituzione che sancisce la tutela della salute sia come diritto del singolo sia come interesse della comunità, imprescindibili l’una dall’altra».

Il gruppo è molto attivo, aperto e spontaneo e, spiega Calella, «è composto da persone con esperienza del disagio, familiari, volontari,tirocinanti e cittadini che a vario titolo sono impegnati nella salute mentale».

Negli ultimi anni hanno ottenuto importanti risultati: dalla promozione delle 6 edizioni del Convegno Impazzire si può, alla ricerca partecipata sui servizi di salute mentale da parte dei fruitori il cui risultato è l’opuscolo “La carta della Recovery 2014” e il corso di formazione “Tecniche di supporto tra i pari”, in collaborazione con l’Enaip e il coordinamento per l’inserimento lavorativo del Dsm.

Aggiunge Novella Comuzzi: «Discutiamo di problemi di carattere nazionale e di carattere locale, il focus oggi è fare rete con il resto del territorio nazionale, ma anche internazionale». Alcuni membri del gruppo infatti sono andati a Utrecht per partecipare a un seminario al prestigioso Recovery College e hanno anche ospitato tre delegazioni provenienti da Polonia, Turchia e Danimarca, mentre la prossima è attesa dalla Slovenia.

Commenta Silva Bon, autrice insieme a Izabel Marin del libro “Guarire si può. Persone e disturbo mentale”: «Il nostro impegno è teso a fare rete al fine di lottare contro lo stigma facendo informazione». «In tutta Italia - conclude Degrassi - ci sono ancora 320 servizi psichiatrici di diagnosi e cura, i cosiddetti Spdc e solo in 20 non si pratica la contenzione. Uno di questi è quello di Trieste situato all’Ospedale Maggiore».

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