Il killer delle prostitute tenta il suicidio in carcere, è gravissimo

Il presunto killer delle prostitute, il goriziano Ramon Berloso, 35 anni, ha tenta il suicidio nel carcere di Udine. Il giovane è in fin di vita. L’uomo è accusato di aver ucciso Diana Alexiu e Ilenia Vecchiato ma gli inquirenti sospettano che nascondesse altri omicidi
L'arresto del killer delle prostitute
L'arresto del killer delle prostitute
GORIZIA.
Il presunto serial killer delle prostitute Ramon Berloso è in fin di vita. Dalla scorsa notte è ricoverato in condizioni disperate nel reparto di rianimazione dell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Il 35enne goriziano, in carcere a Udine, dallo scorso 21 luglio, ha tentato di suicidarsi, impiccandosi nella sua cella. È stato trovato agonizzante e ormai privo di sensi dagli agenti penitenziari che immediatamente hanno fatto scattare l’allarme.


Non è chiaro se Berloso abbia riportato dei danni da asfissia, quelli determinati dal soffocamento, oppure dei traumi di carattere ortopedico, dovuti al possibile strattone del cappio che è riuscito a predisporsi. Il riservo su quanto accaduto la scorsa notte è molto fitto. Ma è ampiamente prevedibile il clamore e gli sviluppi giudiziari che susciteranno il tentato suicidio. Come mai Berloso è riuscito a costruirsi un cappio senza che nessuno se ne accorgesse? Come mai un individuo del genere non era posto sotto stretta sorveglianza? Come mai non si è dato il giusto peso alle invocazioni del suo legale quando parlava di un soggetto da sottoporre a sostegno psichiatrico? Domande che dovranno trovar risposta anche - si presume - da un’indagine interna al carcere di Udine che a rigor di logica dovrebbe essere avviata nelle prossime ore.


Ramon Berloso, che era in cella di isolamento, è accusato dell’omicidio delle escort Ilenia Vecchiato e Diana Alexiu. Il tentativo di suicidio rappresenta un ulteriore elemento della tragica parabola del goriziano, lungo la quale si sono alternati momenti di lucidità ed altri, invece, di ben più difficile decifrazione. Non più tardi di una settimana fa, ad esempio, durante il sopralluogo effettuato a Lucinico, nella villa dove venne tramortita la Vecchiato, gli stessi inquirenti avevano sottolineato la «calma e la tranquillità» dell’uomo nel ricostruire i diversi passaggi del primo omicidio che gli viene attribuito. Berloso, accompagnato sul posto oltre che dagli agenti delle forze dell’ordine anche da un assistente del suo legale, Roberto Mete, aveva dato prova di freddezza e precisione, rimettendo piede nella villetta dell’orrore.


«Non è un tipo loquace – aveva detto in quell’occasione il comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Udine, Fabio Pasquariello – ma ha risposto a tutte le domande». «È assai difficile proporre qualsiasi tipo di commento di fronte ad un gesto del genere. Mi limito ad una considerazione di carattere tecnico». Questa la reazione dell’avvocato Roberto Mete, legale di Ramon Berloso, alla notizia del tentato suicidio del suo assistito. «Fin dall’inizio abbiamo evidenziato uno stato di profondo disagio psicologico che - dice l’avvocato -, con certezza a questo punto, denota evidenti risvolti patologici».


Non è il solito caso in cui si invoca il riscontro psichiatrico come ultima spiaggia della difesa tecnica, assicura Mete: «Qui siamo in presenza di una personalità complessa e malata - afferma - che andrà studiata attentamente e approfonditamente attraverso tutti gli strumenti di studio della genetica comportamentale che negli ultimi tempi hanno garantito alla diagnosi psichiatrica forense uno sviluppo notevole e, soprattutto, una grande efficacia probatoria». Mete è sicuro che gli inquirenti siano della stessa opinione: «Confido che l’ufficio inquirente sia d’accordo sul punto e come già evidenziato più volte, all’esito degli ultimi adempimenti investigativi, dovremo assolutamente dare sfogo a questo accertamento coinvolgendo gli esperti che possono offrire le maggiori garanzie».


Personalità tormentata, quella del 35enne Berloso. Il primo crimine di Berloso fu l’omicidio di Alessandro Paglavec, nel 1993. Il giovane di Sant’Andrea fu trovato legato, soffocato dal fango in campo di mais. Berloso, allora 17enne, fu presto identificato come responsabile e condannato a 7 anni per omicidio preterintenzionale. Una vicenda, quella del caso Paglavec, sulla quale secondo l’avvocato Francesco Donolato, allora legale del giovane Berloso, «non si è andati fino in fondo». Concluso il periodo di detenzione, Berloso tornò in libertà e sposò una donna straniera, attualmente residente a Gorizia, con la quale ebbe una figlia.

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