Il muro delle bambole e il dono del sangue contro ogni sopruso
la collaborazione
È seguendo il filo rosso tracciato dal bisogno di donare il modo con cui molte donne e molti uomini hanno deciso di celebrare l’8 marzo. Attivando una collaborazione con la Questura di Trieste, i promotori del “Wall Of Dolls”, l’installazione contro la violenza sulle donne all’ingresso di Villa Bazzoni, hanno infatti dato il via a una giornata scandita da momenti di sensibilizzazione. In mattinata, alla presenza del questore Irene Tittoni, in piazza Unità è stata ospitata “La donazione si tinge di rosa”, iniziativa dell’associazione DonatoriNati della Polizia di Stato. Il pomeriggio, invece, è stato dedicato all’arricchimento del muro in via dei Navali, a cui sono state appese nuove bambole, ora pronte a tramandare storie da non dimenticare. «È stata portata avanti un’iniziativa abbinata grazie alla Questura. E il dono del sangue si è intrecciato a quello delle bambole – ha sottolineato Elisabetta Maresio, che ha curato i dettagli dell’installazione –. Dopotutto, regalare qualcosa è una delle azioni più belle che si possa fare. E, in questa occasione, si è trasformata in uno spunto per lavorare in sinergia, per offrire una risposta alla piaga sociale della violenza».
«La donna dona la vita e tante volte la vita le viene tolta. Così, ci sembrava giusto che questa giornata non fosse solo un momento di festa. Ma anche lo spunto per approfondire una tematica su cui serve fare sensibilizzazione – ha affermato il vicequestore Valentina Cubesi, che ha portato con sé proprio alcune delle bambole regalate dai colleghi poliziotti –. Mai come in questi tempi il dono è un concetto da preservare con cura. La pandemia ci ha portato a chiuderci in noi stessi, ma bisogna ricominciare a pensare all’altro, offrendo qualcosa di prezioso».
Ieri pomeriggio è stata anche l’occasione per annunciare un’altra importante novità legata al “Wall of Dolls”: l’installazione di una piccola cassetta delle lettere proprio accanto alle bambole, pensata per raccogliere le richieste di aiuto di quelle vittime troppo spaventate per presentarsi in Questura o al centro antiviolenza. L’idea, ora realtà, era stata proposta qualche mese fa da Manuela Stock, copresidente dell’Adei Wizo, l’associazione Donne ebree d’Italia: «Denunciare presuppone una forza che non tutte hanno – ha detto Stock –. La cassetta può aiutare chi è in difficoltà a fare un primo passo nel chiedere aiuto. Da un lato vorrei che fosse sempre piena, perché significherebbe che le donne hanno preso il coraggio di opporsi. Dall’altra, vorrei che fosse sempre vuota, perché vorrebbe dire che non c’è più niente da dover combattere». Al pomeriggio, a cui hanno partecipato anche Consulta femminile Fvg, Lions Club Trieste San Giusto e Associazione Espansioni, si è unito anche Antonio Parisi, l’esponente della comunità Lgbt aggredito lo scorso 16 febbraio. «La sua presenza è stata un regalo – così Maresio –. Ha definitivamente sancito l’unione di più realtà contro ogni tipo di violenza».—
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