Il Museo d’antichità rinasce a San Giusto con Winckelmann
L’Orto Lapidario recupera la denominazione originaria e viene dedicato al padre dell’archeologia ucciso a Trieste

Non proprio un cambio di nome. Ma piuttosto il recupero dell’antica denominazione con dedica a Winckelmann. Il “Civico museo di storia ed Arte – Orto Lapidario di San Giusto” è stato ribattezzato il 23 ottobre dalla giunta comunale in “Civico Museo di antichità J.J. Winckelmann”. E così l’ultima manifestazione ospitata come Museo di Storia e arte – Orto lapidario è stata Legiomania, ovvero la rievocazione storica con legionari romani in carne e ossa che ha portato in tre giorni 10mila e 700 visitatori costando 13mila euro.
La scelta del nuovo nome è dovuta al fatto che l’«odierna denominazione – si legge nella delibera proposta dall’assessore alla Cultura Giorgio Rossi – non è più “caratterizzante” il suo contenuto e i visitatori spesso mostrano di non comprenderne il significato e di conseguenza non sanno cosa aspettarsi dalla visita». Inoltre c’era da commemorare il “padre” dell’archeologia e della storia dell’arte moderna, il tedesco Johan Joachin Winckelmann (morto assassinato a Trieste nella Locanda Granda, ora Grand Hotel Duchi d’Aosta in piazza Unità), in occasione dei 300 anni dalla nascita (9 dicembre 1717), un anniversario condiviso con Maria Teresa d’Austria. «Si tratta di un museo bellissimo che merita di essere valorizzato – spiega Rossi –. Era anche l’occasione per dare un riconoscimento alla figura di Winckelmann visto che l’Orto lapidario ospita il monumento voluto da Domenico Rossetti».
La denominazione di Civico museo di Antichità era stata modificata nel 1909, «poiché allora accanto alle collezioni archeologiche vi erano esposte anche quelle storiche e di arte, anche estremo orientale, collezioni queste ultime che ora sono state trasferite alle nuove e diverse sedi dei civici musei, mentre a San Giusto sono rimaste le raccolte di antichità locale per quanto riguarda i materiali preistorici, protostorici e romani, e di collezione per quelli egizi, ciprioti, greci, magnogreci, tarantini, etruschi e maya». Non potendo usare la denominazione di museo archeologico (propria dei musei nazionali) e neppure solo quella di Museo Winckelmann (in quanto non espone materiali della vita e attività del famoso archeologo) si è optato per l’antica denominazione “Civico museo d’antichità”, quella scelta a inizio Novecento dai creatori Domenico Rossetti e Pietro Kandler, aggiungendo l’intitolazione a Winckelmann. L’idea di creare a Trieste un museo che riunisse le antichità ritrovate nella città, nel territorio istriano e in quello aquileiese nacque agli inizi dell’Ottocento e trovò il suo più fervente sostenitore proprio in Domenico Rossetti. Egli si prodigò con perseveranza per innalzare a Trieste un degno e onorevole monumento alla memoria di Winckelmann. Il cenotafio, monumento funerario privo del corpo del defunto (Winckelmann finì in una fossa comune), di gusto neoclassico, fu realizzato dallo scultore bassanese Antonio Bosa, e trovò collocazione al centro di una grande nicchia aperta nel ripiano più alto dell’ex cimitero di San Giusto, odierno Orto lapidario.
Allo studioso Pietro Kandler, nel 1841, fu affidata dal Comune la cura del Museo Tergestino di Antichità – istituzione non ancora ufficializzata – che doveva occuparsi della raccolta e dell’illustrazione delle epigrafi triestine dell’Orto Lapidario, nonché dello studio delle monete antiche e dei diplomi che riguardavano Trieste. L’8 giugno del 1843, ricorrendo il 75.o anniversario della morte di Winckelmann, venne aperto ufficialmente al pubblico l’Orto Lapidario. Solo nel 1873 assunse il nome di Museo di antichità, ebbe uno statuto autonomo e un direttore (il primo fu Carlo Kunz). Un nome che resistette fino al 1909 per essere riesumato il 23 ottobre scorso, oltre un secolo dopo.
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