Il Parco Globojner chiude i battenti

La protesta contro il nuovo Prg del Comune: animali venduti, 8 dipendenti licenziati

di Cristina Polselli

PADRICIANO

Da ieri il Parco Globojner ha chiuso i battenti fino a data da destinarsi. Animali venduti, dipendenti licenziati. E pensare che, neanche un mese fa, si dava notizia della vittoria, davanti al Tar, da parte del Consorzio boschivo di Padriciano contro l’Anas nella contestata vicenda dell’accesso al parco dalla strada 202. Il Consorzio rappresenta la Comunella di Padriciano, la quale gestisce la proprietà collettiva iscritta ai piani tavolari dal 1833. La comunità di Patrick (l’antico nome della Comunella), composta dalle 48 famiglie originarie di Padriciano, è stata riconosciuta comunità giuridica e nel 1984 si era accordata con la giunta comunale di allora per costituire il parco. Ora però, dopo l’intoppo dell’accesso all’area dalla Grande Viabilità, si aggiunge il piano regolatore di un mese fa che ha approvato la messa in salvaguardia dell’intera area da qualsiasi tipo di costruzione. In questo modo s’impedisce, di fatto, lo sviluppo di quella zona turistica, adiacente al bosco, indispensabile al consorzio per sviluppare e mantenere l’area verde.

«Senza un progresso è impossibile mantenere finanziariamente il parco», spiega Carlo Grgic, rappresentante del Consorzio, nella conferenza stampa convocata ieri davanti al parco. «Abbiamo otto dipendenti che vi lavorano, più 82 animali che lo popolano e una media di circa duemila turisti al mese».

La storia del Globojner è iniziata negli anni ’80 con la delibera per la creazione degli ambiti di tutela ambientale. L’area, 170 ettari di superficie, è stata inaugurata al pubblico il 24 aprile del 1984. «In questi anni abbiamo sempre investito e curato il parco – continua Grgic - nell’aprile del 1990, con la volontà di Comune, Provincia e Regione, si stabilisce che il bosco ha anche un’area turistica adiacente per autofinanziarsi». Ecco però insorgono tutta una serie di problemi. Il primo chiosco creato nel parcheggio ha preso fuoco quattro anni fa e il piano regolatore della giunta Dipiazza, nel frattempo, aveva diminuito l’area lasciando circa 6000 metri per la zona turistica. «Dopo aver aspettato tre anni la concessione edilizia e aver terminato, sei mesi fa, la riqualificazione del chiosco – spiga Grgic – ci troviamo ora, con questo ennesimo piano regolatore, il divieto assoluto di costruire». Le Comunelle del carso triestino, da sempre, contestano la gestione di questi territori: «Il sistema di vincoli che viene attuato è un esproprio silenzioso e strisciante e incentiva l’abbandono del Carso». Il paragone è con le aree carsiche gestite dai comuni minori: «A Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino, esistono associazioni, attività, gruppi organizzati che tutelano e salvaguardano il Carso, ma nel modo giusto, ovvero sviluppare per conservare”.

«Noi il parco lo abbiamo sempre tutelato da costruzioni – afferma Gricg – non avremmo mai lasciato toccare neanche una foglia dell’area protetta, ma per la zona turistica chiediamo semplicemente l’autorizzazione per un normale sviluppo». Il progetto a sostegno del parco prevede un punto ristoro e strutture ricettive come un affitta-camere, o un albergo diffuso. «Considerando che vicino a noi i campi da golf non sono stati toccati, non si spiega come qui sia interdetta qualsiasi attività».

Ora gli otto dipendenti perderanno il posto, e il bestiame sarà venduto in Veneto, ma quale sarà il futuro? «Aspettiamo che sia eseguita la sentenza e che riaprano l’accesso dalla 202, poi vedremo se l’amministrazione vorrà ascoltarci». Per il momento i turisti che da oggi si recheranno al parco, si troveranno davanti una rete di divieto d’accesso.

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