«Il premio? Un lavoro di squadra»

È chiamato, non a caso, l’Oscar del design ed è il premio più ambito da chi lavora nel campo della grafica e del disegno industriale. E oggi, 40 anni dopo Gillo Dorfles, altri due triestini sono ascesi all’olimpo del made in Italy conquistando il Compasso d’oro 2011: Leonardo Sonnoli e Paolo Tassinari. «Un premio che corona tre decenni di carriera, frutto di un lavoro di squadra lungo e complesso durato tre anni» hanno spiegato i due vincitori al folto gruppo di amici e collaboratori, l’altra sera allo studio Tassinari-Vetta per festeggiare il premio ricevuto a Roma il 12 luglio.
Tra gli invitati, anche un ex compagno di scuola che di nome fa Roberto Cosolini e che ha divertito raccontando un inedito ritratto di Tassinari, redattore del Nuovo Canzoniere ai tempi del liceo Petrarca. «È stato allora - ha detto il sindaco - che è iniziata la storia del suo talento e creatività».
Per conquistare il Compasso d’oro, spingendo la giuria internazionale a premiare non un oggetto di design industriale ma - cosa ben più rara - un progetto di comunicazione visiva, i due grafici hanno affrontato una sfida non da poco: definire una nuova identità per una città difficile come Napoli, uscendo dai soliti stereotipi folkloristici e puntando su un linguaggio internazionale.
«Il nostro progetto si basava sul logotipo Napoli Teatro Festival Italia - ha spiegato Tassinari -: siamo partiti dal disegno pensando al teatro e alla vocalità, ragionando sull’alfabeto fonetico. Da qui l’idea di sostituire le vocali con le loro controforme, che abbiamo poi declinato in mille modi, a livello tridimensionale su manifesti, stampati, segnaletica, allestimenti e merchandising».
Un lavoro che ha conquistato l’Europa intera: «Il direttore del Festival internazionale teatrale di Manchester mi ha chiesto se avevo intenzione di usarlo davvero per tre anni, perché in caso contrario avrebbe potuto adeguarlo sostituendo Manchester a Napoli» ha raccontato Renato Quaglia, ex direttore del festival partenopeo.
Il futuro dello studio Tassinari-Vetta continua a guardare fuori Trieste: «Abbiamo finito il lavoro a Palazzo Grassi-Punta della Dogana, a Venezia, una delle mostre più importanti dopo la Biennale. Stiamo lavorando anche alla Reggia di Versailles, curiamo l’allestimento dell’area accoglienza dei visitatori» ha aggiunto Sonnoli, talento «fuggito da Trieste» per fare rotta a Rimini. E Trieste? Per ora tutto tace. «La cosa fondamentale - ha concluso Tassinari - sarebbe la possibilità di far parlare a Trieste la lingua che si parla altrove. Mi riferisco a livello di comunicazione e grafica. Per ora non è così».
Elisa Lenarduzzi
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