Il proliferare delle manguste stravolge l’ecosistema insulare
SPALATO
Stanno creando da oltre un secolo danni ambientali che potrebbero risultare irreparabili. Le manguste, presenti in Dalmazia dal 1910, vi furono introdotte dalle autorità austroungariche per contrastare la presenza delle vipere, presenti numerosissime all'epoca sulle isole della costa.
A Meleda furono portati 11 esemplari, la cui proliferazione in modo esponenziale li portò nel 1923 a Curzola, nel 1926 a Brazza, negli anni Trenta a Solta e quindi nel 1970 nell'isola di Lesina. Da allora, i serpenti velenosi hanno avuto vita durissima, con forte riduzione del loro numero, fenomeno però che ha riguardato e sta riguardando anche insetti, rane, ratti, piccoli roditori, lucertole, uccelli, polli, le loro uova, lepri e fagiani.
Se non trovano della carne in giro, le manguste non disdegnano uva, fichi e anche altra frutta. Con un impatto ambientale rilevante al quale prossimamente la Croazia dovrebbe porre rimedio. Il governo ha infatti approvato il disegno di legge sulla Caccia, con l'ultima parola che spetta al Sabor (Parlamento). Quando il provvedimento sarà varato, questo piccolo e vorace carnivoro potrà essere oggetto di caccia senza restrizioni.
Ricordiamo che le manguste erano tutelate nell’allora Jugoslavia dalla legge fino al 1949, ma a partire da quell'anno non furono mai intraprese battute di caccia per cancellarne o quantomeno ridurne la presenza. Inoltre i cacciatori dalmati – rispettando una tradizione mai scritta – hanno sempre preferito non puntare le armi contro l'animaletto. Un altro fattore che ha consentito alle manguste di riprodursi a centinaia di migliaia nelle isole meridionali della Dalmazia e nelle vicine Erzegovina e Montenegro.
A spiegare il perché è Roko Barčić, presidente della società venatoria Lumbarda, isola di Curzola: «Durante le battute di caccia non è raro imbattersi nelle manguste. Ma non le mettiamo nel mirino, pure sapendo che sono dannose. A proteggerle dai nostri fucili sono le frasi, i racconti dei nostri genitori e nonni, secondo cui le manguste eliminano le vipere e dunque non vanno uccise. Il nostro comportamento magari è sbagliato, ma è così».
Fra gli addetti ai lavori c’è intanto chi vorrebbe prendere esempio da quanto attuato anni fa sull'isola giapponese di Amami, tre volte più grande di Curzola e dove le esche avvelenate hanno fatto sparire quasi tutta la popolazione di manguste. Da quel momento in poi le specie decimate dal carnivoro sono ricomparse numerose. —
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