Il “regalo” del barone de Banfield in sostituzione del teatro lirico

La demolizione della sala de Banfield - Tripcovich, per fare spazio a una piazza, ha già una storia. Una voce che parte dagli inizi del 2000. Per primo a lanciare la proposta nel 2003 fu l’architetto Mario Botta nell'ambito del progetto per la nuova sedGreensisam - Evergreen in Porto Vecchio. Nello stesso anno lo appoggiò Vittorio Sgarbi, che si pronunciò nuovamente nel 2006, quand’era assessore alla Cultura di Milano, e a Trieste si aprì un vero e proprio dibattito sull'ex stazione delle corriere di piazza Libertà. Nello stesso periodo la Soprintendenza pose il vincolo sull’edificio con Ugo Soragni («L’ex autostazione fa aprte delle testimonianze importanti della storia, anche architettonica, della città«). Dopo l’atto, l'assessore all'urbanistica Maurizio Bucci contro questa tutela annunciò il ricorso al ministero dei Beni culturali e di seguito eventualmente al Tar. «E una struttura di mero gusto balcanico, aberrante, nata come teatro d’emergenza» decretò l’esteta Bucci (Se fosse rimasta in piedi, però, ci avrebbe visto bene una balera). Il primo cittadino Dipiazza definì la sala «una bruttura che personalmente raderei al suolo». Avendo fallito con l’ex Magazzino Vini (promise di demolirlo nel giro di sei mesi). il sindaco decostruzionista voleva almeno un altro trofeo da aggiungere dopo l’ex Piscina Bianchi. E così ora, dieci anni dopo, ci riprova.
La storia di sala teatrale risale al 1992, quando da stazione delle Autocorriere firmata Nordio nel 1935, prese il posto del Teatro Verdi durante la ristrutturazione ospitando ben cinque stagioni d’opera. Fru realizzata nell’arco di soli sei mesi e inaugurata solennemente il 16 dicembre 1992: quasi un miracolo di tempismo, tanto da meritare al Teatro“Verdi” il prestigioso Premio Abbiati. Nel giugno 2008, testimonial il violinista Uto Ughi (nella foto con Dipiazza), è stata intitolata al barone Raffaello de Banfied, compositore, musicista, direttore artistico del Verdi per oltre 26 anni, grande mecenate. E’ stato infatti colui che, tramite la storica società armatoriale Tripcovich, nata dal ceppo della sua famiglia, paga praticamente la Sala Tripcovich. Un regalo di cui Trieste non sa più che farsene.
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