Il sogno di Diego de Henriquez è oggi realtà nel “suo” museo

Una volta superato il cortile interno del Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez”, entrando nel primo hangar si rimane colpiti da "Il funerale della guerra”, cioè un carro funebre simile a quello che trasportò l’arciduchessa Sofia, dopo l’assassinio a Sarajevo, la scintilla che fece scoccare la Prima guerra mondiale.
Ci si avvicina così al tema della guerra, intesa sempre, da colui che aveva il sogno di creare un gigantesco museo dedicato ai conflitti di ogni tempo, come un mezzo per far capire l’importanza della pace.
Nella sua grandezza appare poi un enorme obice, diviso in più parti, montato su carri ruotati trainati da trattori. Impressionante... per non parlare del carro ambulanza o della cucina da campo.
Diego de Henriquez nacque a Trieste il 20 febbraio 1909, da una famiglia originaria della Spagna. Frequentò diversi istituti scolastici e si diplomò all’Istituto Nautico. Da bambino era considerato un prodigio. Passeggiando sul Carso notò sin da allora numerosi resti bellici della Prima guerra mondiale. Persona con molteplici interessi, fra cui l'archeologia, fondò nel 1926 la Società archeologica triestina.
Nel 1941 fu richiamato alle armi e con coraggio propose ai superiori di creare una collezione bellica. Lo appoggiarono e così iniziò ad allestire il Museo di guerra. Dopo l'8 settembre 1943, temendo che i tedeschi si impossessassero dei suoi materiali bellici, trasportò tutto alla Villa Basevi di Trieste.
Con i vari eserciti de Henriquez ebbe sempre rapporti diplomatici, tanto che nel maggio 1945 fu interprete e negoziatore alle trattative di resa con i nazisti asserragliati nel Palazzo di giustizia, ottenendo così altro materiale per il suo museo. Durante i quaranta giorni dell’occupazione jugoslava e poi con il Governo militare alleato, ottenne dei permessi speciali per recuperare altri beni militari.
Già dal 1947 de Henriquez voleva donare tutto il suo patrimonio al Comune di Trieste. Si fidò delle promesse dei politici, ma era in una situazione economica difficile avendo accumulato debiti. Fu così costretto a vendere alcuni materiali. Dopo la sua morte, ancora avvolta nel mistero, si verificarono furti nel suo museo-deposito. Alcuni diari con le scritte dei prigionieri della Risiera scomparvero proprio mentre si avvicinava il processo ad alcuni criminali del lager di San Sabba.
Nel 1980 tutti i mezzi pesanti della collezione vennero spostati nell'ex Caserma Duca delle Puglie, in va Cumano, mentre i i documenti e i libri nell'ex finirono alla Caserma Beleno di via Revoltella. Un disagio per visitatori e studiosi, in quanto in via Revoltella si poteva accedere solo in certe giornate, mentre in via Cumano si entrava solo su prenotazione.
Ristrutturata la caserma di via Cumano e riuniti tutti i materiali, il Museo al quale de Henriquez ha dedicato tutta la vita, è stato inaugurato dal comue di Trieste il 23 giugno 2000.
Per molti la sua era quasi un’ossessione, ma per lui, che aveva vissuto in prima persona il Secondo conflitto mondiale, far vedere carri armati e i cannoni significava educare alla pace.
Infatti chiamò il suo museo “Centro internazionale per l'abolizione delle guerre e per la fratellanza universale". Considerava le guerre inutili dispersioni di energie, che se impiegate invece per fini pacifici avrebbero portato a importanti risultati.
Matteo Marega
II° B
Istituto Nautico
Riproduzione riservata © Il Piccolo