Il traghetto brucia ancora. Finirà a Trieste
Già pronta un’unità di crisi alla Capitaneria di porto. Lo scafo ha raggiunto la temperatura di 270°

dall'inviato
POLA
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Alle cinque del pomeriggio mentre il sole cala dentro l’Adriatico si alza ancora una lunga colonna di fumo con alla base i colori del fuoco dall’«Und Adriyatic» il traghetto che collega Istanbul con Trieste e che dall’alba di mercoledì è preda di un furioso incendio. La sagoma della carcassa si scorge facilmente dalla strada tra Dignano e Fasana proprio dietro le isole di Brioni, cinque miglia al largo, e fa balenare un ipotetico incubo: il rischio di una bomba ecologica su uno dei parchi naturali più noti dell’Adriatico dove forse per qualche ora si è corso il rischio che andasse ad incagliarsi. Un luccichìo più in alto indica il passaggio di un Canadair, mentre non sono visibili i cinque rimorchiatori, due dei quali partiti da Trieste, che stanno operando in quel braccio di mare. Qualche automobilista rallenta e scruta l’orizzonte. «La bora ha portato il relitto più a Sud», avevano spiegato qualche minuto prima i custodi di un villaggio turistico. Anche centinaia di triestini sono in ansia perché trascorrono le vacanze estive nei campeggi, negli alberghi, nelle case private di questo tratto di costa. Per fortuna i 22 membri dell’quipaggio e i nove camionisti che si trovavano a bordo sono stati salvati anche se cinque hanno riportato ferite e ustioni. Nella caserma dei vigili del fuoco di Rovigno tutti i pompieri che non hanno preso posto sui gommoni che stanno accostando lo scafo si accalcano attorno al monitor che mostra le immagini riprese in diretta dalla webcam telescopica piazzata su uno dei punti più alti della costa.
«Questo fuoco non vuole saperne di spegnersi», commentano. Il caporeparto fa il punto nave sulla grande mappa dell’Istria appesa al muro, il relitto è finito proprio dietro l’arcipelago Brioni, residenza estiva del maresciallo Tito e sempre più frequentata meta turistica. Il punto da dove partono le operazioni che dovranno portare al recupero è sulla banchina proprio di fronte alla Capitaneria di porto sul lungomare di Pola. La sera è calata, ma continuano a soggiornarvi in permanenza tre troupe televisive, croate e slovene. «Abbiamo visto cinque tecnici olandesi - raccontano - salire su un gommone per raggiungere il relitto». Sono gli uomini della ditta specializzata olandese Smith, incaricata dagli armatori di valutare le modalità di recupero del traghetto. Nel loro background anche un’operazione famosa e tragica, quella legata al sottomarino russo Kursk in cui morirono tutti e 118 gli uomini dell’equipaggio.
Ieri sera i supertecnici olandesi hanno tentato la salita a bordo, ma hanno dovuto subito rinunciarvi. La temperatura dello scafo, nonostante le tonnellate di acqua versata, era di oltre 270 gradi. «Non spetta a loro, ma ai tecnici della compagnia assicuratrice dello scafo che è norvegese decidere verso quale porto condurre il relitto», spiega al telefono da Trieste Enrico Samer, agente e terminalista in Adriatico dell’autostrada del mare Trieste-Turchia di cui faceva parte anche l’«Und Adriyatic», che è la rotta per traghetti ro-ro più affollata del Mediterraneo e la terza del mondo intero. E la possibilità di Trieste come scalo del triste approdo, pur senza scartare le due altre ipotesi alternative e cioè Fiume e Monfalcone, ha preso quota nelle ultime ore. È stata la stessa Capitaneria di porto di Trieste a far rilevare l’ipotesi. Il comandante, contrammiraglio Domenico Passaro, ha già costituito l’Unità di crisi per gestire l’eventuale arrivo della nave e tutti i componenti sono stati preallertati per questa evenienza. La situazione di stallo sembra però destinata a prolungarsi e difficilmente già oggi verrà deciso il porto verso il quale trainare il relitto che comunque dovrà stazionare per un certo periodo in rada.
Soltanto dopo che saranno salite a bordo alcune squadre per tutta una serie di ispezioni tecniche, il traghetto verrà portato a un ormeggio inattivo mentre appare sempre più probabile l’ineluttabilità della sua demolizione. L’«Und Adriyatic» comunque, spostata l’altra notte dal vento e dalle correnti di circa venti chilometri più a Sud dal punto in cui si è sprigionato l’incendio, da ieri non va più alla deriva, ma è stato agganciato da due rimorchiatori. «Tutti i sorvoli non hanno fortunatamente evidenziato alcuno sversamento di carburante - ha spiegato ancora Samer - anche se va rilevato che comunque in mare sono già finiti ettolitri di schiumogeni e altri reagenti chimici utilizzati per spegnere le fiamme». Nei serbatoi della nave sembrerebbero esserci tuttora 850 tonnellate di idrocarburi (800 di fuel oil per alimentare i suoi motori e 50 di diesel marino). «È ipotizzabile con il passare delle ore - ha aggiunto ancora Samer - si facciano sempre meno probabili le ipotesi di scoppio o di affondamento».
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