Il vescovo di Trieste, Trevisi: «Serve investire di più anche per l’educazione e l’integrazione»

Il parroco Cecotti: «Passeggiando si potevano intuire alcune cose»
Laura Tonero

TRIESTE. «È bene che si rafforzino i controlli di polizia, ma da soli non bastano: serve investire di più anche nelle politiche tese all’educazione e all’integrazione». Lo sostiene il vescovo Enrico Trevisi alla luce della violenta rissa che in piazza Carlo Alberto ha visto affrontarsi due bande di minori afgani e pachistani in prossimità del centro per la loro ospitalità.

Con la premessa di «non essere a conoscenza della problematica concreta, di come si sia originata quella violenza», Trevisi fa comunque una considerazione generale sul fatto che ci sia «un problema di prevenzione, di educazione». Per il vescovo «occorre investire in questi ambiti: leggere la situazione soltanto come una questione di ordine pubblico è forviante. Certamente serve il presidio delle forze dell’ordine, ma anche investire in risorse educative e formative». Per quanto riguarda, più in generale, il tema dell’accoglienza, lo stesso Trevisi evidenzia come siano «diminuite le risorse che miravano alla mediazione culturale, all’integrazione, all’insegnamento dell’italiano, e queste sono purtroppo strategie che possono causare anche delle problematiche, come quelle di ordine pubblico».

A don Samuele Cecotti, parroco della vicina chiesa dei Santi Andrea apostolo e Rita Da Cascia, non erano giunte segnalazioni sugli ospiti della struttura di piazza Carlo Alberto: «Non ero a conoscenza che quella palazzina avesse quella destinazione, ma che quella piazza fosse un punto di ritrovo non sempre per le migliori situazioni sì: passeggiando si potevano intuire alcune cose». Cecotti testimonia di «un quartiere tranquillo, residenziale, medio borghese, dove l’episodio ha colpito perché fatti simili non si erano palesati prima». In via Franca la parrocchia gestisce anche un centro giovanile, un oratorio, dove quei giovani non sono mai stati intercettati. Per Cecotti un intervento diretto della parrocchia, nei confronti dei minori accolti dalla cooperativa Aedis, è «difficile, tenendo in considerazione che quei ragazzi, come immagino, siano di religione islamica, quindi non interessati a frequentare la chiesa o gli ambienti di parrocchia».

Di fronte alla preoccupazione delle persone che abitano in zona, specie le più anziane, don Samuele spiega che, «come parrocchia, abbiamo un rapporto molto stretto con gli anziani, che da noi possono trovare una parola di sostegno, di conforto, di incoraggiamento, e delle soluzioni». Secondo Cecotti potrebbe essere riproposto «un incontro in parrocchia come quello già organizzato mesi fa con la Stazione dei Carabinieri di via Hermet, che aveva visto una buona partecipazione»

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