Il virus muta? Normale e non c’è da spaventarsi

Tutt’altro che probabile che la variante inglese sia più pericolosa: la reazione europea è inutilmente scomposta
Passengers on the first Covid-tested Alitalia flight New York - Rome pass border controls at Rome Leonardo Da Vinci Airport in Fiumicino, Italy, 09 November 2020. The hundred passengers arriving from New York disembarked at Fiumicino airport, shortly before 8, with the first of three weekly Alitalia flights, Covid-tested, were all negative. ANSA/TELENEWS
Passengers on the first Covid-tested Alitalia flight New York - Rome pass border controls at Rome Leonardo Da Vinci Airport in Fiumicino, Italy, 09 November 2020. The hundred passengers arriving from New York disembarked at Fiumicino airport, shortly before 8, with the first of three weekly Alitalia flights, Covid-tested, were all negative. ANSA/TELENEWS

TRIESTE I virus sono piccoli oggetti meravigliosi. Sono fatti di un acido nucleico (Dna o Rna) protetto da alcune proteine e talvolta circondato da una sferetta di lipidi. Soddisfano in pieno il principio del “gene egoista” enunciato da Richard Dawkins: il loro unico scopo è quello di moltiplicare il proprio patrimonio genetico quanto più possibile. Nessuna finalità teleologica, nessun obiettivo maligno. Solo replicarsi e moltiplicarsi il più possibile. È in questo scenario che vanno interpretate le ultime notizie sulla nuova variante inglese di Sars-CoV-2.

Enzimi ed errori

Per la duplicazione del proprio Rna, questo coronavirus utilizza un enzima che fa continuamente errori. Di conseguenza, un individuo infetto con Sars-CoV-2 produce di continuo varianti con la sequenza leggermente diversa. Nella maggior parte dei casi, le mutazioni introdotte inattivano il virus, ma, talvolta, qualcuna di queste varianti - in maniera del tutto casuale - migliora l’efficacia con cui il virus si replica. Ecco allora che il virus che le contiene ha un vantaggio selettivo rispetto a tutti gli altri, e questa variante progressivamente diventa sempre più frequente.

Stop al fotofinish ai voli con Londra. Tamponi a Ronchi, c’era un infetto
Bonaventura Monfalcone--foto di Katia Bonaventura


Cosa sta succedendo

Nel Regno Unito, diverse agenzie governative già da diversi mesi hanno costituito un consorzio dei principali istituti di sequenziamento genetico presenti nel Paese, per capire quali siano le varianti che si generano nei pazienti con Covid-19 nel corso del tempo. Uno sforzo massiccio e sistematico, probabilmente unico al mondo. L’analisi di queste sequenze ha mostrato che, a partire circa da novembre, si è cominciata a diffondere una variante, chiamata VUI-202012/01, che ha più di una decina di differenze rispetto al virus originario isolato da Wuhan. Non c’è nulla di sorprendente in tutto ciò, VUI-202012/01 è una delle migliaia di varianti casuali depositate nelle banche dati e consultabili sul sito pubblico di sequenze Gisaid. La differenza, però, è che la frequenza con cui il citato VUI-202012/01 viene riscontrato è progressivamente crescente. Una delle mutazioni trovate è la sostituzione di un singolo amminoacido (uno dei mattoncini che costituiscono le proteine) nella posizione 501 della proteina Spike (la mutazione N501Y), quella che il virus usa per entrare nelle cellule. Lavori precedenti indicano che questa variante rende più efficace il legame della proteina Spike con il recettore delle cellule.

Nel corso di una riunione tenutasi il 18 dicembre, il Nervtag inglese, un comitato che monitora l’andamento dell’epidemia nel Regno Unito, ha preso nota di queste osservazioni e di un lavoro scientifico, anche questo depositato nelle banche dati da pochi giorni, che indica che VUI-202012/01 ha un tasso di replicazione di circa il 70% più veloce del virus originario, con un conseguente aumento della sua infettività. L’informazione è stata, in maniera un po’ convulsa e forse maldestra, utilizzata per giustificare il lockdown di Londra e dell’Inghilterra, probabilmente ignorando le conseguenze di incertezza che avrebbe generato negli altri Paesi.



Non è la prima volta che una variante di Sars-CoV-2 emerge nel corso dell’anno. Un’altra, nella posizione 614 di Spike (la mutazione D614G) si era selezionata già all’inizio dell’epidemia, tanto che tutti i ceppi italiani dalla primavera in poi hanno questa variante. Un’altra si è espansa ora in Spagna. N501Y è anche presente in molti casi Sudafricani, anche in assenza delle altre mutazioni di VUI-202012/01.

Cosa si sa, cosa no (e troppa agitazione)

Questa variante è più pericolosa del virus originario? Non lo sappiamo, non necessariamente. Per ora, non c’è alcuna evidenza che causi una malattia più grave. È più infettiva? Probabilmente sì, visto che si replica a titoli più alti. Può inattivare l’efficacia del vaccino? Con ogni probabilità no, visto che il vaccino stimola anticorpi contro molte regioni della proteina Spike: se non funzioneranno quelli contro la posizione 501, le altre dovrebbero essere sufficienti e abbondanti. Ha senso quello che hanno fatto alcuni governi europei (Italia inclusa) di bloccare i voli dall’Inghilterra? No, visto che comunque la variante è già presente in diversi Paesi europei. Ha senso testare di nuovo all’arrivo tutti quelli che arrivano in Italia dall’Inghilterra dopo che sono risultati negativi a un test fatto nelle ultime 48 ore? No, è solo sintomo di cattiva informazione. Cosa si può fare contro tale variante? Quello che si faceva prima con gli altri ceppi: distanziamento, distanziamento, distanziamento. –

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