IMU: tutto quello che c'è da sapere sulle nuove regole

Immobili: dalle misure Covid ai casi personali, la guida alle tasse da pagare e alle esenzioni
Uno scorcio di palazzi sulla collina di Posillipo a Napoli, 17 gennaio 2014. ANSA / CIRO FUSCO
Uno scorcio di palazzi sulla collina di Posillipo a Napoli, 17 gennaio 2014. ANSA / CIRO FUSCO

A guardare quanti Comuni italiani nel 2020 hanno approvato una nuova delibera Imu, viene da pensare che la rivoluzione determinata dalla cancellazione della Tasi - la Tassa sui servizi indivisibili - comporti la necessità per milioni di italiani di rimettersi a fare i conti in vista del saldo dell'imposta sugli immobili che scade il 16 dicembre. In realtà la quasi totalità degli oltre 7 mila Comuni che si è già dotata di una nuova disciplina, non ha fatto altro che confermare quanto previsto nel 2019: chi aveva scelto di non far pagare la Tasi, ha semplicemente preso atto della sua soppressione e, nella stragrande maggioranza dei casi, ha confermato le aliquote dell'anno scorso.

Le civiche amministrazioni che avevano invece applicato la Tasi su alcune categorie di immobili, hanno spesso sommato le aliquote Imu e Tasi, fondendole in un unico valore: vale a dire che, per il contribuente, l'importo da versare rispetto al 2019 non cambia. Si tratta di rifare i calcoli più per verifica degli arrotondamenti che per altro, perché se sono state sommate le due aliquote, anche i relativi importi sono di fatto da unificare e versare il dovuto con una sola voce sul modello F24 o sul bollettino e - ovviamente - un solo codice tributo, quello dell'Imu. Per quei Comuni che non hanno assunto delibere nel 2020, resta per ora ferma la disciplina 2019.

In fase di acconto era possibile pagare il 50% dell'importo 2019. Così ha fatto la quasi totalità dei contribuenti. Si può ripetere la procedura anche per il saldo, ma tutti si devono comunque informare sulle aliquote relative al proprio immobile. Perché se sono cambiate nei tempi stabiliti, bisogna effettuare il saldo del 16 dicembre con le nuove aliquote. Dove non è ancora successo, avverrà successivamente al 16, si dovrà procedere a un conguaglio entro il 28 febbraio con una sorta di mini-Imu.

Imu: chi deve pagare

Il saldo: dalla rendita alla cassa, tutti i passaggi e le simulazioni

Le tante regole sull'Imu e i conteggi conseguenti non sono mai semplici. Ma la proroga in extremis sui tempi concessi ai Comuni per decidere le aliquote è diventata il fattore sorpresa che complica ulteriormente la strada in vista del pagamento del saldo. La decisione è contenuta nel provvedimento del governo che ha esteso al 31 gennaio lo stato di emergenza causato dalla pandemia. Consente ai Comuni di approvare entro il 31 dicembre la delibera per stabilire le aliquote Imu e configura potenzialmente una situazione per cui, in determinati casi, qualche contribuente dovrà versare nelle prime settimane del 2021 una mini-Imu di conguaglio. La norma che concede ai Comuni la proroga di deliberare entro fine anno, prevede anche che il provvedimento debba essere pubblicato sul sito del ministero delle Finanze entro il 31 gennaio. Sarà questa, quindi, la data entro la quale i contribuenti dovranno verificare formalmente se il Comune in cui vivono ha introdotto nuovi criteri per l'Imu. La scadenza per il pagamento, qualora ci fosse la necessità di un conguaglio, viene fissata al 28 febbraio, che nel 2021 cade di domenica: ci sarà quindi tempo fino al 1° marzo.

Imu: come devo pagare

Questa situazione si è determinata perché nei mesi scorsi è stato concesso - sempre a causa dell'emergenza epidemiologica - più tempo ai Comuni per presentare il bilancio di previsione.

Il testo che fissa per i Comuni la nuova data entro la quale devono deliberare le aliquote aggiornate, conferma però il 16 dicembre come giorno entro il quale va versato il saldo. La legge, inoltre, specifica che l'eventuale differenza tra l'Imu pagata a dicembre e quella calcolata con una nuova delibera varata entro il 31 dicembre, è dovuta senza applicazione di sanzioni e interessi. La mini-Imu - e cioè l'eventuale conguaglio che si andrebbe a determinare - andrà versata entro il 1° marzo. La situazione che scaturisce dal testo, approvato definitivamente lo scorso 25 novembre, introduce diversi scenari per il contribuente. Nel caso in cui il Comune sia riuscito a rispettare i tempi originari previsti dalle legge - che impongono l'approvazione delle nuove aliquote entro il 31 ottobre e la pubblicazione sul sito del ministero delle Finanze entro il 16 novembre - i contribuenti dovranno versare la seconda rata con le aliquote del 2020 (mentre a giugno il versamento era stato fatto, in base a quanto prevede la legge, con le aliquote dell'anno precedente). Ci potrebbero essere, però, amministrazioni comunali che non sono riuscite a rispettare questi tempi, per cui potrebbero sfruttare la proroga concessa dal Parlamento per approvare le nuove aliquote entro il 31 dicembre, per poi pubblicarle sul sito del Mef entro il 31 gennaio. E altre che, in linea teorica, potrebbero rivedere nuovamente una decisione già assunta, cambiando le aliquote dopo il pagamento della seconda rata. In questi casi, ai contribuenti viene chiesto di effettuare il saldo entro il 16 dicembre con le aliquote del 2019, di fatto, quindi, di pagare lo stesso importo di giugno. O, nel caso esistesse, con i valori della prima delibera del 2020. Entro il 1° marzo, però, una volta pubblicata l'ulteriore decisione, i cittadini dovranno effettuare il conguaglio con la differenza tra quanto versato a dicembre e quanto dovuto in base alle nuove aliquote.

In teoria, l'imposta potrebbe anche essere in diminuzione per cui, invece del conguaglio, il contribuente dovrebbe chiedere il rimborso di quanto anticipato in occasione del saldo. Nel caso bisogna compilare il modello messo a disposizione da ogni Comune per chiedere il rimborso. Sul modulo, oltre ai dati personali, va indicato l'importo dovuto, quello versato in più e la somma richiesta a rimborso, che può essere erogata tramite accredito sul conto corrente o utilizzata in compensazione con imposte successive.

Le eccezioni e il rebus delle due residenze

La legislazione legata all'emergenza Covid-19 ha previsto molte novità nell'applicazione dell'Imu 2020 introducendo esenzioni per le attività produttive colpite dalla crisi. Ma oltre agli interventi approvati nel corso dell'anno, esistono agevolazioni previste dalle norme che definiscono i capisaldi dell'Imposta municipale propria, che da quest'anno è stata accorpata con la Tasi. Alcune delle principali agevolazioni sono illustrate nei box in pagina, tra cui quelle relative agli affitti a canone concordato e a comodati tra parenti. Va detto, però, che nonostante si tratti di misure ormai cristallizzate nel corso degli anni, sono sempre suscettibili di variazioni causate dalle sentenze di giudici di natura diversa che, affrontando il singolo caso, spesso determinano interpretazioni delle norme generali.

Imu in 6 punti

Uno dei rebus determinato da una decisione della Cassazione, riguarda il caso di due coniugi con residenza in due luoghi diversi. La sentenza 20130 (illustrata in uno dei box in pagina), stabilisce che l'esenzione sulla prima casa non è dovuta se marito e moglie hanno la residenza o la dimora abituale in due fabbricati diversi. Dall'Ordine nazionale dei Commercialisti, però, fanno presente che al di là del caso specifico (la sentenza si riferisce a una famiglia in cui la moglie vive in un Comune mentre il marito è residente in un casa in affitto in un Comune limitrofo), molte altre decisioni della magistratura hanno stabilito che in questi casi, almeno per una abitazione, è prevista l'esenzione della prima casa. Se la famiglia ha figli, generalmente si identifica come abitazione principale quella in cui risiedono questi ultimi. Se il nucleo familiare non ha figli, generalmente viene identificata come prima casa quella dove la coppia si ritrova più frequentemente. «Per la sola Imu, un cittadino è costretto a confrontarsi con un livello di complessità molto elevato - dice Maurizio Postal, consigliere nazionale dell'Ordine dei commercialisti con delega alla fiscalità - questo rende l'idea delle complicazioni complessive con le quali i contribuenti devono confrontarsi per adempiere ai loro doveri fiscali».

Covid-19 ed esenzioni: ecco le categorie che non vanno alla cassa

Il percorso che ha portato all'abolizione del saldo Imu, se non proprio all'esenzione totale per il 2020, ha seguito progressivamente l'andamento della pandemia. Via via che l'emergenza aumentava, il governo prendeva misure di ristoro nei confronti delle categorie produttive più coinvolte. Parte di questi provvedimenti si sono trasformati nella cancellazione di una delle imposte più indigeste agli italiani.Il primo provvedimento, che ha interessato specialmente gli immobili di strutture ricettive tra cui anche gli stabilimenti balneari, è stato il decreto Rilancio che ha previsto l'esenzione dell'acconto Imu di giugno. Il decreto Agosto ha, per le stesse categorie interessate dallo stop della prima rata, esteso l'esenzione al saldo in programma a dicembre. In questo provvedimento ha trovato collocazione anche lo stop al pagamento della seconda rata per quegli immobili utilizzati dalle imprese che allestiscono fiere e mostre.

Le esenzioni Covid-19

Tutte le altre esenzioni, questa volta inerenti solo il saldo Imu di dicembre, sono state stabilite dai decreti Ristori, che hanno individuato i codici Ateco delle diverse attività commerciali interessate dal provvedimento. L'ultima misura relativa al saldo Imu è stata poi introdotta dall'ultimo decreto Ristori: il quater. I provvedimenti precedenti precisavano che l'esenzione dell'Imposta municipale propria era dovuta se i proprietari della struttura coincidevano con i gestori. In pratica si riteneva che l'agevolazione non si poteva applicare se l'immobile era detenuto dal soggetto titolare dell'attività con un titolo diverso da quello di proprietà. L'articolo 8 del Ristori quater, invece, specifica che l'esenzione si applica ai soggetti passivi dell'imposta municipale propria «che siano anche gestori delle attività economiche». Tradotto vuol dire che, ad esempio, può beneficiare dello stop al saldo Imu anche il soggetto che detiene in usufrutto l'immobile in cui esercita la sua attività.

 

 

 

 

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