In 6 mesi giunti a Gorizia 800 richiedenti

La partenza di 100 ha solo parzialmente migliorato la situazione. Costituito il Tavolo provinciale dell’accoglienza
Di Stefano Bizzi
Bumbaca Gorizia 07.09.2015 Profughi alla Madonnina Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 07.09.2015 Profughi alla Madonnina Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Soddisfazione per l'alleggerimento, ma anche consapevolezza del fatto che i problemi non sono risolti. Il trasferimento di 100 richiedenti asilo messo in atto ieri mattina dalla prefettura di Gorizia insieme al ministero dell'Interno ha permesso di liberare 80 posti nei centri della Caritas diocesana e altri 20 al Cara di Gradisca, ma gli arrivi non si arrestano. Negli ultimi sei mesi sono stati circa 800, così ieri mattina per fare il punto della situazione è stato convocato il "Tavolo provinciale dell'accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale, soggiornanti nel territorio della provincia di Gorizia". Alla riunione presieduta dal prefetto Isabella Alberti hanno partecipato, oltre al questore e al comandante provinciale dei carabinieri, i rappresentanti degli enti gestori dei centri di accoglienza isontini e quelli dell'Azienda per l'assistenza sanitaria numero 2, del comitato locale della Croce rossa, del Consiglio italiano per i rifugiati e della stessa Caritas diocesana. Nel corso dell'incontro è stato effettuato il monitoraggio delle presenze e sono state esaminate le tematiche connesse alla gestione dell'accoglienza degli stranieri, ai percorsi di insegnamento dell'italiano, nonché quelle legate all'analisi delle buone prassi tese a creare un modello di convivenza, di integrazione e di inserimento lavorativo e sociale degli stranieri. Come evidenziato da una nota della prefettura, l'obiettivo del Tavolo è «analizzare periodicamente i diversi aspetti che caratterizzano i processi di integrazione delle comunità di immigrati residenti nel territorio, mirando alla costruzione di una 'rete' tra uffici ed enti che possa essere sempre più rispondente alle esigenze che via via si manifestano». «Anche se c'è stato un alleggerimento di cento persone - spiega il viceprefetto vicario Antonino Gulletta - le presenze restano tante. La riunione ha portato un quadro interessante di confronto. I tempi per il riconoscimento della protezione internazionale sono lunghi perché le richieste che devono essere analizzate dalla Commissione territoriale sono tante, ma i meccanismi del nostro sistema sono ben oleati: i centri di accoglienza funzionano e si fanno percorsi di accoglienza e di integrazione. Dove i numeri sono piccoli si riesce a fare più integrazione, ma si cerca di insegnare le regole di comportamento anche nei centri più grandi e se le cose si fanno in rete si possono ottenere risultati migliori. Noi crediamo nella rete, tanto che ci ritroveremo a distanza di un mese, un mese e mezzo, e cercheremo di coinvolgere anche le amministrazioni comunali». In particolare l'invito della Prefettura è rivolto al Comune di Gorizia. "È l'amministrazione che sa dove possono esserci delle esigenze e dove si possono impiegare queste persone. Se i Comuni non ci danno una mano, noi non possiamo fare molto». Nonostante la partenza di due pullman diretti verso Lombardia e Piemonte, ieri alla Caritas diocesana rimanevano ancora 49 richiedenti asilo fuori convenzione. Venti persone sono state trasferite dal Cara di Gradisca perché una parte dei migranti presenti alla Caritas attendeva ancora di sottoporsi allo screening sanitario della Croce rossa. «Con questi numeri non riusciamo ancora ad alleggerire i centri collettivi, ma gli arrivi continuano e non dipendono né da noi, né dal ministero», osserva Gulletta ricordando che, se il trend dei flussi continuerà ad essere quello attuale, la prefettura di Gorizia sarà sempre più sotto pressione. Nella giornata di ieri si è registrata anche una micro-polemica sollevata dal leghista Franco Zotti. Secondo l'esponente del Carroccio la Caritas aveva già preparato i pasti per i migranti trasferiti e ha dovuto buttarli. «Noi non abbiamo mai dato i pasti, ci limitiamo a una colazione al mattino», è stata la semplice risposta di don Paolo Zuttion.

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