In Croazia stessi diritti per le coppie gay

Li prevede l’ultima versione della legge del governo di Zagabria: si va dall’eredità alla reversibilità della pensione. Ma resta il "no" alle adozioni

BELGRADO. La definizione di matrimonio non cambia. Sarà ancora solo «l’unione di un uomo e una donna», perché così ha voluto la maggioranza degli elettori andati alle urne nel controverso referendum costituzionale di dicembre. Ma esistono anche altre forme di convivenza che lo Stato può pienamente tutelare. Incluse quelle tra persone dello stesso sesso. E la Croazia è vicinissima a farlo. Vicinissima dopo che il governo guidato da Zoran Milanovic ha adottato l’ultima e definitiva versione della futura legge sulle cosiddette “civil partnership” tra persone dello stesso sesso, una normativa che parificherà per diritti le coppie di fatto formate da gay e lesbiche a quelle eterosessuali, unite da un matrimonio tradizionale. Unica eccezione, alle prime non sarà permessa l’adozione.

Rimane ora solo il passaggio parlamentare, che dovrebbe essere superato fra poche settimane. Cosa prevede la legge, che estenderà di molto gli effetti della norma sulla coabitazione non registrata delle coppie gay, approvata già nel 2003? Vari diritti, ma nulla «di rivoluzionario», solamente principi «inclusivi e non esclusivi» riconosciuti già in «molti Paesi europei», ha specificato martedì il primo ministro socialdemocratico, al momento dell’accoglimento da parte dell’esecutivo della proposta di legge. Proposta che comprende principi come quello dell’«uguaglianza, del mutuo rispetto», doveri come quello «dell’assistenza reciproca». Diritti come quello dell’eredità delle proprietà e dei beni e della reversibilità della pensione del congiunto alla sua morte e anche della condivisione dell’assicurazione e dell’assistenza sanitaria. Legge che stabilisce anche nel dettaglio come celebrare le “life partnership” tra persone dello stesso sesso.

Il “maticar”, il responsabile dell’ufficio anagrafe, registrerà le unioni con una «cerimonia solenne», alla presenza di due testimoni e della coppia. Il legame, in caso di problemi, potrà essere sciolta da un giudice, come stabilito dall’articolo 29. Ora rimane da attendere solo il sì del Sabor. E la celebrazione delle prime unioni civili, che avverrà forse già nella seconda metà di luglio, anticipa Marko Jurcic, una delle anime dello Zagreb Pride, organizzazione che è stata coinvolta nella serie di modifiche apportate alle varie bozze della legge. E la versione finale è apprezzabile, più che soddisfacente, spiega Jurcic. Lo è perché equipara le coppie omosessuali a quelle eterosessuali, con l’unica eccezione del diritto d’adozione. «Tutto il resto» ora è «identico a quanto previsto in un matrimonio» e parliamo di un «grande passo avanti per le coppie Lgbt, il massimo che questo governo poteva fare».

Jurcic precisa poi che la norma esclude sì l’adozione, ma al contempo non dimentica di regolare lo status dei bambini che vivono in coppie dello stesso sesso, concepiti da uno dei due membri della coppia con una terza persona o attraverso inseminazione artificiale. Nel primo caso, nella coppia «il partner del genitore biologico avrà gli stessi diritti previsti per un genitore adottivo nel matrimonio eterosessuale». Nel secondo, non è invece previsto ad esempio che il bambino «erediti» dalla coppia, ma «per il resto i diritti sono generalmente identici». Un passo avanti che «porterà a una minoranza qualcosa di meglio» senza «peggiorare» i diritti della maggioranza, ha assicurato il ministro della Pubblica amministrazione, Bauk.

Non la pensano così i conservatori dell’associazione “U ime obitelji”, che avevano cantato vittoria dopo l’affermazione al referendum pro matrimonio tradizionale. Il governo e il presidente Josipovic - che aveva auspicato «la protezione del diritto alla vita familiare nelle unioni che non sono matrimonio» - «non rispettano il volere della cittadinanza» e introducono «con un altro nome il matrimonio tra persone dello stesso sesso». Infine, la richiesta. Politici «di qualsiasi partito, non partecipate a questa farsa». Ma la maggioranza, quella parlamentare, è decisa a fare altrimenti.

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