In Serbia un arsenale da guerra. Arrestati i dieci venditori di armi

Dai bazooka alle bombe, è il sequestro più rilevante messo a segno nel Paese da 16 anni in qua. Il ministro dell'Interno: potevano finire nelle mani di criminali di qualche capitale europea

BELGRADO. Esplosivi, bombe, fucili, bazooka. È una vera e propria santabarbara quella scoperta in Serbia dalla polizia in una massiccia operazione svelata ieri, che ha portato all’arresto di dieci persone, tutte sospettate di essere trafficanti di armi. La santabarbara conferma la pericolosità dei Balcani, mercato nero a cielo aperto per chi vuole approvvigionarsi di pistole e altro senza passare per le vie legali. Ad alimentare il traffico personaggi come quelli arrestati tra Sombor e Apatin, nel profondo nordovest della Serbia, area chiave in uno strategico triangolo di confini, con la Croazia e l’Ungheria a un tiro di schioppo. Di loro si sa poco, solo le iniziali e l’età – quasi tutti molto giovani, il leader del gruppo ha 35 anni - e che vendevano e utilizzavano loro stessi l’arsenale finito ora sotto sequestro, ha specificato il ministro serbo degli Interni Nebojsa Stefanovic.

L’arsenale, ha chiarito ieri la polizia serba, comprendeva alcuni metri di micce, ben «nove chilogrammi di esplosivo al plastico e 21 chili di dinamite», pronti per l’uso grazie a detonatori elettrici già collegati al materiale esplosivo. I trafficanti non si facevano mancare neppure «111 bombe a mano, dodici mine anticarro» e persino due bazooka, gli M80 “Zolja”, le vespe, disegnati e prodotti al tempo della Jugoslavia, e ancora oggi, e utilizzati dalle parti in conflitto durante le ultime guerre balcaniche. E non solo: gli M80 sono particolarmente apprezzati anche dal crimine organizzato e di matrice politica. Non a caso uno di quei lanciarazzi fu preso in considerazione, anche se poi non usato, nell'agguato che portò all'uccisione del premier europeista serbo, Djindjic. Tra gli armamenti sequestrati anche due granate da fucile, una dozzina di fucili automatici e semiautomatici, sei pistole, una carabina da cecchino e la bellezza di seimila proiettili calibro 7,62 e 7,9.

Per capire le dimensioni dell’operazione, il ministero ha sottolineato che si è trattato «del maggiore sequestro di armi» in Serbia «dal 2000 a oggi». Rimane da capire cosa se ne facessero gli arrestati di tutte quelle armi ed esplosivi. Gli inquirenti per ora ritengono che se le siano procurate «nel 2016» e le abbiano ammassate «per poi trovare i compratori». Compratori in Serbia oppure all’estero? Le indagini, ha spiegato Belgrado, chiariranno meglio il quadro, anche per far luce su eventuali collegamenti con ambienti del terrorismo internazionale.

Belgrado tuttavia, ha aggiunto il ministro Stefanovic, è preoccupata «non solo per il possibile impiego di tale armamento nel nostro Paese, ma per la possibilità che le armi possano andare a finire nelle mani di criminali di qualche capitale europea». Stefanovic ha poi citato - forse non a caso - la cooperazione con la Francia in chiave anti-traffico di armi, con i team investigativi misti franco-serbi lanciati a ottobre.

Nessun collegamento invece tra i trafficanti arrestati e il caso delle armi sequestrate di recente nei pressi di abitazioni frequentate dal premier Aleksandar Vucic. Armi che dalla Serbia – dove ci sarebbero secondo le stime tra le 200 e le 900mila bocche da fuoco in circolazione - e dal resto dei Balcani finiscono spesso in mano a criminali e terroristi attivi nel resto d’Europa.

Lo ha confermato Robert Gelli, capo della Direzione per gli affari criminali del ministero della Giustizia francese, che ieri ha rivelato all’agenzia di stampa France-Presse che quasi un terzo delle indagini sul traffico internazionale in Francia riguarda persone con passaporto serbo. Fare arrivare le armi nell’Ue non è un problema, ha annotato Ivan Zverzhanovski, alto funzionario dell’Onu citato sempre dalla Afp, che ha ricordato i fucili “Zastava” usati negli attentati di Parigi. Ma per la polizia è difficile fermare anche il cosiddetto «micro traffico», piccole quantità di armi che vengono trasportate sui bus che collegano i Balcani alle città europee, nascosti nelle auto, su camion; o vengono persino spedite per posta, dopo essere state smontate. I costi? Secondo Zverzhanovski, nei Balcani si sborsa da 250 a 500 euro per un buon fucile automatico. Prezzi irrisori, per mafiosi, criminali. E terroristi.

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