In tre a processo per la morte di Giulia

Il Tribunale apre il processo sull’incidente mortale di via de Marchesetti, costato la vita alla quindicenne Giulia Buttazzoni. Erano le sette e mezza del mattino del 2 dicembre 2016: la giovane studentessa del Deledda-Fabiani era stata travolta e uccisa da una Volvo V4 mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali a poca distanza da una fermata dell’autobus nei pressi del Ferdinandeo. La quindicenne stava andando proprio a prendere il bus per recarsi a scuola.
A comparire davanti al giudice, dopo le indagini del pm Maddalena Chergia, sarà innanzitutto l’automobilista al volante della vettura che ha centrato la ragazzina, il sessantaduenne Mario Degan. L’uomo, su richiesta del legale che lo difende, l’avvocato William Crivellari, sarà giudicato con rito abbreviato. L’accusa è di omicidio colposo. L’udienza dal gup Laura Barresi, per la discussione, è programmata il 18 gennaio.
Sotto accusa anche i medici che in passato avevano rinnovato la patente a Degan: il settantunenne Giuseppe D’Aquino, residente a Udine, e la cinquantaduenne goriziana Claudia Delbello. Per i due imputati, difesi rispettivamente dagli avvocati Renzo Pecorella e Giulio Levi (nell’udienza preliminare hanno chiesto una sentenza di non luogo a procedere), il giudice ha disposto il rinvio a giudizio.
Il nodo processuale si concentra sull’invalidità dell’automobilista - una paraparesi spastica con interessamento degli arti inferiori - e la compatibilità con la guida.
A detta del pm il sessantaduenne, in sede d’autocertificazione per il rinnovo della patente (nel giugno 2011), avrebbe dichiarato alla dottoressa Delbello l’assenza di malattie neurologiche. Sarebbe stata poi aggiunta una certificazione del medico di base che faceva riferimento a una patologia «stabilizzata», ma senza indicare con esattezza quale. Cinque anni dopo l’imputato aveva dichiarato a un altro medico che si occupava della pratica, D’Aquino, di essere affetto da una «lieve paraplegia spastica». Ma la Procura aveva verificato anche altra documentazione sulla disabilità: l’invalidità certificata dalla Commissione Sanitaria provinciale nel ’77, l’iscrizione al collocamento speciale per i disabili e, dieci anni dopo, la certificazione di una «paraparesi spastica agli arti inferiori con permanenza dello stato invalidante», rilasciata dal Servizio Sanitario Nazionale. Un quadro che ha poi trovato conferma in un documento del ’91 della Commissione medica di prima istanza. Negli atti rilasciati per il rinnovo della patente, sia Delbello che D’Aquino avrebbero attestato che l’uomo era idoneo a mettersi al volante. «Abbiamo raccolto della documentazione con cui si dimostra che il mio assistito, Degan, era davvero idoneo», osserva l’avvocato Crivellari. «Ci sono una perizia medico legale e una prova eseguita con un simulatore di guida che confermano ciò». —
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