In via Canova la casa degli storici con vista parco

Lo stile di Casa Schiozzi nasce da un’idea dell’architetto razionalista Umberto Cuzzi 

PUNTI DI VISTA



Dopo il successo acquisito in campo nazionale con le sue opere che fortemente hanno contribuito all’architettura razionalista degli anni Trenta, Umberto Cuzzi (1891-1973) si trasferisce nel 1928 a Torino, dove si era laureato al Politecnico nel 1921 e dove avrebbe proseguito con successo la sua carriera professionale.

Non tralascia però Gorizia, dove aveva collaborato a lungo con l’architetto Barich, per una proficua collaborazione con quelli che erano i principali impresari in città, Bruno Perco per il quale avrebbe costruito nel 1934 la villa di via Angiolina 34 e Guido Schiozzi per il quale aveva disegnato l’anno prima la villa di via Manzoni 36, in fondo a via degli Arcadi.

La gran parte della produzione goriziana, che proseguirà copiosa negli anni Trenta, riguarda soprattutto case da appartamenti, come l’edificio all’angolo tra via Canova 9 e via Mattioli, otto alloggi affacciati sul nuovo parco della Rimembranza dove nel 1929 venne inaugurato il tempietto progettato da Enrico Del Debbio, autore dello Stadio dei Marmi al Foro italico, e dedicato ai caduti goriziani nell’esercito italiano durante la Grande guerra.

Il progetto del 1935, che porta la firma dell’impresario, è sviluppato da un’idea di Cuzzi della quale rimane appunto sul retro di una fotografia, con la volontà di inserimento armonico in un contesto urbano fortemente caratterizzato dalla facciata curva dell’attiguo palazzo sull’altro lato di via Mattioli ultimato nel 1926, enfatizzando con le terrazze la curvatura dell’angolo quale cerniera e raccordo tra fronte e zona laterale.

Nello stile dell’architetto la facciata di casa Schiozzi si rivela pulita e squadrata, caratterizzata da un corpo centrale leggermente avanzato che segna l’ingresso, con dei contrasti cromatici ormai perduti, come il corpo aggettante verde salvia e le ali rosa carico, il portone originario in legno sostituito negli anni sessanta e i pluviali portati all’esterno, in contrasto con lo spirito razionalista che vuole la nettezza delle forme senza sovrastrutture aggiunte.

Cuzzi amava molto i colori e ancora resistono tinte originarie su alcuni suoi edifici goriziani, come la villa Perco ben conservata per il vincolo della Soprintendenza, mentre altrettanta fortuna non ha avuto villa Schiozzi, che priva di vincolo, e costretta a un’arbitraria ristrutturazione, ha visto la perdita dei cromatismi originari verde malva e ocra pallido, trasformando in realtà la vecchia foto in bianco e nero pubblicata su Domus nel 1934. —





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