Intasca i soldi dell’acconto senza finire i lavori: assolto
Doppio ko: prima i soldi pagati per lavori lasciati a metà, poi il processo concluso con l’assoluzione dell’artigiano che li aveva intascati.
Non costituisce truffa dire a un cliente che i lavori di ristrutturazione del suo appartamento “sono fattibili”, intascando un acconto di 10mila euro ma lasciando a metà il restauro.
Ne sanno qualcosa due coniugi che abitano in un alloggio di via Tor San Piero e che avevano affidato nel 2007 a una piccola ditta, intestata alla madre dell’artigiano, il compito di eseguire i costosi lavori. Quando marito e moglie hanno capito che la ristrutturazione non sarebbe mai giunta a compimento, si sono rivolti a un avvocato che ha ritenuto di denunciare l’artigiano inadempiente per truffa.
In effetti Massimo F. è stato indagato, rinviato a giudizio e processato. Ma il dibattimento ha avuto un esito poco gradito a chi si era rivolto alla magistratura. Il giudice Paolo Vascotto ha assolto l’imputato dall’accusa di truffa perché l’istruttoria ha evidenziato in modo chiarissimo l’assenza degli elementi costitutivi della truffa. Nessun illecito penale, semmai un problema da affrontare davanti al giudice civile.
Ma andiamo con ordine. Il primo nodo affrontato dal processo è stato quello della “fattibilità” dei lavori di ristrutturazione. Ecco cosa scrive il giudice Vascotto.
«L’espressione ’fattibilità’ è equivoca e di scarso significato e non si accompagna alla dimostrazione dell’intrinseca complessità dei lavori che avrebbero dovuto essere eseguiti nell’appartamento di via Tor San Piero. Inoltre - ammesso che l’imputato abbia pronunciato tale frase - potrebbe agevolmente essere confusa con una valutazione di ordine tecnico. Ad esempio ’fattibilità’ potrebbe voler dire che mancano impedimenti derivanti da ostacoli naturali o artificiali. Inoltre ’fattibilità’ non assicura alla controparte la certezza del compimento dei lavori”.
Il giudice sostiene inoltre che Massimo F. era “noto come soggetto operante nell’edilizia, tanto che egli fu avvicinato dai committenti proprio per questa sua notoria presenza sul mercato. Non si può quindi affermare- che la realtà sia sta camuffata o artefatta dall’artigiano per simulare una capacità professionale inesistente o per lucrare somme di denaro mediate un’impresa intestata alla madre”.
«Difetta dunque in questa vicenda la stessa attitudine ingannatoria della condotta, tanto da non poterla inquadrare in un’ipotesi di raggiro, vale a dire di uno degli elementi costitutivi del reato di truffa».
«Va notato anche che i lavori di demolizioni portati a termine dall’artigiano erano compresi nel preventivo. Neppure può ritenersi che Massimo F. si sia dileguato dopo la demolizione dell’appartamento. Dopo l’interruzione dei lavori si era fatto avanti con i due coniugi un altro artigiano, attivato da Massimo F. Ma l’accordo con i committenti non era stato raggiunto.c.e.
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