Intervista a Dave Winer: «Finirà il dominio in Rete delle grandi compagnie»

TRIESTE. Non c'è niente di eterno, nemmeno Facebook. E se lo dice Dave Winer, c'è da crederci. Mentre sorseggia il suo caffè nella grande sala dell'hotel Savoia di Trieste, è difficile rendersi conto di quanto Winer abbia influenzato il modo in cui viviamo la Rete. Pioniere della distribuzione dei contenuti, è il padre del formato Rss, sistema grazie al quale è possibile aggregare notizie provenienti dalle fonti più diverse sul Web. Ma non solo. Il New York Times lo acclamato come il «protoblogger»: nel 1997 è lui tra i primissimi a scatenare la rivoluzione dei blog con il suo Scripting News (scripting.com). Nel corso degli anni ha sviluppato un'innumerevole quantità di software e fondato diverse aziende: Living Videotext, Userland Software and Small Pictures. La sua invenzione più recente è Little Pork Chop ("costoletta di maiale"), che consente di sfondare il limite di caratteri di Twitter pubblicando contemporaneamente un grande numero di tweet. Winer è anche ricercatore alla Harvard Law School e alla New York University e, come ci si potrebbe aspettare dal padre dei blog, è uno scrittore prolifico. È insomma una vera e propria memoria vivente di questo mondo. Ciò gli consente di avere un punto di vista di lunga durata sui processi che investono la Rete. L'espandersi degli spazi di potere delle grandi compagnie tecnologiche, ai suoi occhi, è soltanto una fase della dialettica di lunga durata fra controllo e libertà su Internet. Un periodo storico che ai nostri occhi potrebbe apparire eterno ma non lo è. E che potrebbe finire prima di quanto pensiamo.
Fra i tanti oratori di State of the Net, Winer è indubbiamente uno dei nomi più eccezionali dell'edizione 2014. Domani alle 10.30 sarà tra gli oratori della conferenza "Open for real". Affronterà nel suo keynote il tema della necessità di un mondo Internet aperto e fiorente, superando l'egemonia delle aziende tech. Insieme a Euan Semple e ad altri “protobloggers”, Dave converserà sul perché il blogging è ancora importante nel 2014.
Winer, l'idea stessa del Web è connessa all'idea di libertà. Oggi però questo spazio pare essere stato colonizzato dai colossi di Google, Amazon, Apple e Facebook. È un problema? Come se ne esce?
«È un problema? Sì, suppongo che lo sia. Fin dal principio sul Web abbiamo voluto sfuggire dal controllo delle grandi compagnie tecnologiche, siamo stati capaci di creare un flusso di libertà contro il controllo dei grandi. È una linea che va avanti e indietro. Io mi occupo di queste cose da quaranta anni e ho visto andare e venire molti cicli. Molte persone, molti giovani, non hanno visto tutto ciò e tendono a pensare che il mondo in cui viviamo sia permanente, che le cose continueranno ad andare avanti sempre a questo modo. Ma non è così».
Che effetto hanno le compagnie sull'evolversi del Web?
«Per certi versi un effetto conservatore. Tra le altre cose le grandi compagnie tendono ad assumere un sacco di persone mediocri, molto conservatrici nel loro modo di pensare. Danno per scontato che nulla cambierà, e questo finisce per creare degli spazi di opportunità, perché la tecnologia avanza in ogni caso. Le compagnie di solito finiscono sul lato sbagliato di questo processo, perché tentano di rallentarlo. Ma non funziona così, il progresso tecnologico va avanti comunque. Credo che un sacco di gente che pensa alla tecnologia e al business non tenga conto del fattore tempo: qualunque sia il momento che stiamo vivendo, cambierà».
Oggi si ha l'impressione che la fruizione del Web avvenga sempre più all'interno di giardini chiusi. Le persone accedono a Internet il più delle volte attraverso i social network, Facebook in primis. È cambiato qualcosa nel modo in cui usiamo la Rete?
«È un'osservazione che viene fatta. Ma siamo sicuri che sia poi così vero? Cosa succede quando l'utente di un social network cerca le ultime novità sul suo show televisivo preferito? Arriva ai contenuti che desidera: magari parte da una piattaforma ma poi ne esce. Almeno io faccio così: esco "fuori" sebbene io sia un utente di Facebook e Twitter. Certo mi piacerebbe se questi sistemi si aprissero un po' di più verso l'esterno. Penso che vadano incoraggiati a farlo, e che alla fin fine siano disposti a farlo».
C'è qualcosa che possiamo fare per influire sulle grandi compagnie?
«Assolutamente nulla. Non abbiamo alcun potere su questi processi. Il caffè che stiamo per bere, non sappiamo chi l'abbia fatto e non abbiamo voce in capitolo sul modo in cui lo produce. I miei nipoti usano Internet nello stesso modo in cui noi beviamo il caffè».
Lei è l'inventore del blog. Oggi c'è chi dice che l'epoca dei blog è finita, e che i blog sono morti, sostituiti dai social network. Ci crede?
«In un certo senso hanno ragione. Anche se la parola "morto" è orribile, perché queste cose non sono mai state vive. Un blog è un luogo in cui dare spazio alla nostra immaginazione, però in sostanza è un insieme di files. Alla fin fine però anche quel che fa la gente su Facebook è una sorta di blogging. La differenza è che su Fb qualcuno può segnalare i tuoi contenuti come inappropriati anche quando sono innocentissimi. Ecco, in un blog non c'è nessuno che decida che quel che scrivi non può essere pubblicato».
Lei blogga ancora, il suo sito scripting.com è attivo ormai dal 1997.
«Certo. Ecco perché capisco la frustrazione di molti blogger. Anche a me piacerebbe che la cose che scrivo sulla mia pagina fossero trattate con la stessa attenzione che ricevono i contenuti che produco su Facebook. Mi chiedo però perché non possiamo avere entrambe le cose. Penso che anche questa sia una cosa che succederà».
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