Jasenovac, per ricordare tutti gli orrori del Novecento

Tante le iniziative per celebrare il settantesimo anniversario dell’Olocausto

Il mondo ha ricordato le vittime dell’Olocausto e si è impegnato a far sì che l’orrore non si ripeta. Tante, tantissime le iniziative per celebrare il settantesimo anniversario di quello storico e terribile momento. Sono tornati alla memoria i lager esistiti in Germania, in Polonia o nella Repubblica Ceca. Anche a Trieste, nella Risiera di San Sabba, monumento nazionale, si è tenuta una solenne cerimonia. Tuttavia, nel campo di Jasenovac, in Croazia posto sulle rive della Sava a un centinaio di chilometri a Sud di Zagabria, regna tuttora il silenzio.

Tralasciato sistematicamente dai molti storici, Jasenovac è stato il terzo campo di concentramento per dimensioni dopo Auschwitz e Buchenwald. Creato dalle forze ustascia - gli ultranazionalisti croati di estrema destra di Ante Pavelic - con la collaborazione dei nazisti tedeschi e dei fascisti italiani, rimane una pagina nera della storia del XX secolo che è stata oggetto di strumentalizzazioni e controversie politiche.

Oggi un numero sempre più ridotto di persone è al corrente su ciò che è accaduto a Jasenovac anche perchè il governo croato continua a negare la realtà dei fatti accaduti in quel campo durante la seconda guetta mondiale. Nonostante ciò, le fonti e le testimonianze parlano da sé. A Jasenovac morirono in tre anni circa 700 mila persone, uccise con brutalità inimmaginabile. Il maggior numero di vittime del campo furono per lo più uomini e donne di origine serba, ma non mancavano ebrei, zingari, bosniaci musulmani, dissidenti croati e in generale tutti coloro che si oppunevano al Nuovo Ordine europeo di Adolf Hitler e dei suoi complici. Nel campo finirono così numersi partigiani e componenti della Resistenza, etichettati tutti dagli ustascia come "comunisti" ma anche molti serbo ortodossi al cui sterminio, come hanno rivelto le commissioni di inchiesta, parteciparono numerosi frati croati cattolici. Tra questi si distinse per zelo genocida frate Miroslav Filipovic, conosciuto come “Fratello Satana”, per un certo periodo direttore del campo di Jasenovac. Lì uccideva le donne colpendole sul capo con un martello di legno, ma usava anche un coltello ideato personalmente da Ante Pavelic.

Le condizioni di vita a Jasenovac erano simili a quelle degli altri campi di concentramento sparsi per l'Europa: pochissimo cibo di qualità più che scadente, baracche con scarsissime dotazioni igieniche, tante ore di duro lavoro, spesso undici, uccisioni e torture. Molti dei prigionieri erano bambini di età compresa fra i tre mesi e i quattordici anni. Gli internati venivano uccisi con coltelli, mazze e spranghe, per risparmiare sui proiettili.

L'inferno finì nella primavera del 1945. Sono molti i genocidi dimenticati, per molteplici cause, bisogna quindi evitare di porre parti fondamentali della storia all'oscuro. Il silenzio e la disdetta sono i più gravi pericoli per la democrazia,la libertà e l'umanità. Jasenovac è un simbolo del male che nessuno nel mondo civilizzato può ignorare o negare.

Katarina Andreic

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