John Hemingway: «Dopo le trincee un mondo di pace»

Così il nipote di Ernest ha aperto il festival: «A Gorizia tutto è cambiato in un secolo». Applausi per il Polifonico di Ruda
Di Alex Pessotto
Bumbaca Gorizia 21.05.2014 èStoria 001 Canti Rocciosi Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 21.05.2014 èStoria 001 Canti Rocciosi Fotografia di Pierluigi Bumbaca

«A quanto ne so, a quanto posso vedere, in un secolo è cambiato un mondo: questo, ormai, è un altro mondo, un mondo di pace». Parole di John Patrick Hemingway, nipote di Ernest, per la prima volta a Gorizia, mentre a Trieste era già stato, per la Barcolana, e più volte era stato a Lignano, naturalmente al Premio che porta il suo cognome. Parole dette ieri da quello che è stato il protagonista del prologo della decima edizione di èStoria assieme alla musica, con il Polifonico di Ruda diretto da Fabiana Noro.

E, diciamolo subito: è stato un bel prologo, un succulento antipasto: un Kulturni Bratuž praticamente esaurito e con quel tanto di inevitabile trepidazione che deve accompagnare gli eventi veri.

Ma, come si diceva, èStoria non è solo storia. E così, ieri, il Polifonico, autentica eccellenza regionale, ha eseguito pagine di autori contemporanei oltre ai “Canti Rocciosi” del palermitano Giovanni Sollima. Di questi ultimi non è stata eseguita la versione per orchestra ma la trascrizione per quartetto d’archi (due violini, Nicola Mansutti e Lucia Clonfero, una viola, Daniela Bon, un violoncello, Antonio Merici) e fisarmonica (Alexsander Ipavec) mentre per il resto del repertorio offerto i solisti da citare son Ferdinando Mussutto al pianoforte e Gabriele Rampogna alle percussioni. Il fil rouge della serata, dal titolo “Di passi d’ombre memori...”, verso di Ungaretti, era Ernest Hemingway: nonno di John Patrick e autore di “Addio alle armi”; un passo del capolavoro, infatti, è stato scelto da Sollima per i suoi “Canti Rocciosi”, formati da pagine e versi sulla montagna, e, più in generale, sulla guerra.

I primi spettatori giungono al Bratuž che non son nemmeno le 20.30; l’ora d’inizio era fissata per le 21. Karolina Cernic sale sul palco, quindi Adriano Ossola, che, oltre ai ringraziamenti di rito, si scusa per il ritardo dovuto a problemi tecnici - un ritardo, peraltro, di soli 15-20 minuti - e spiega il perché della scelta di quel verso di Ungaretti, e, in breve, il significato di èStoria 2014, dal titolo “Trincee”, naturalmente dedicata al Centenario della Grande Guerra, oltre a invitare alla visione dei filmati, alcuni inediti ritrovati al FilmArchiv di Vienna, che accompagnano la musica diretta dalla Noro. Il Polifonico, in particolare, entra e si dispone lungo quasi tutto il perimetro della sala maggiore del Bratuž per la prima pagina in programma; poi, prende il palco per la “Suite for Vajont” di Remo Anzovino, per altri pezzi, e, naturalmente, per i “Canti rocciosi”.

Quindi, a conversare con il giornalista Roberto Covaz, c’è John Patrick Hemingway: abito color crema, mocassini marroni, sfoggia un buon italiano. Era a pesca sull’Isonzo, ieri mattina, in un tratto sloveno. In fondo, la pesca era una delle passioni di suo nonno. Soltanto che, rispetto all’epoca di suo nonno, la Grande Guerra qui non c’è più. Ha proprio ragione. È cambiato un mondo.

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