Kleronia, salvare vite in mare è un dovere

Il messaggio in Barcolana di Unhcr e Moleskine Foundation per sensibilizzare l’opinione pubblica sul progetto “Rothko Lampedusa” pro rifugiati. Anche il filosofo Casati tra l’equipaggio del diciotto metri. L’atto simbolico dei guidoni



Kleronia è una superba imbarcazione a vela di 18 metri. Le è stata affidata una missione speciale: invitare la gente di mare ad alzare la bandiera dell’UNHCR. Moleskine Foundation, partner dell’Agenzia ONU per i rifugiati nel progetto “Rothko a Lampedusa”, partecipa alla Barcolana 2019 con un bel 60 piedi che ha già fatto una traversata atlantica ARC (Atlantic Rally for Cruisers).

Un atto simbolico e suggestivo; nel disegno dell’equipaggio dovrà essere un tripudio di guidoni che sventoleranno durante la regata storica per sostenere la cultura del mare e le sue inderogabili leggi di soccorso e accoglienza.

Non per niente Moleskine Foundation ha scelto questa grande festa popolare con il maggior numero di partecipanti al mondo: un momento in cui si condividono passioni, rotte e sogni che fluttuano sulle acque del Mediteranno, luogo di ospitalità e opportunità, grande metafora di un modo ideale di vivere il pianeta, bacino di accoglienza per tutti, a qualsiasi latitudine. Carlotta Sami, portavoce UNHCR per il Sud Europa e a bordo di Kleronia, riassume bene in una frase quello che potrebbe e dovrebbe tornare a essere il Mare nostrum: «un bacino di coesistenza e non simbolo di tragedie e chiusure».

Perché il Mediterraneo può diventare una via di fuga ma anche una trappola mortale se non lo si affronta con preparazione e in maniera adeguata. Nel team anche il filosofo Roberto Casati che, autore di “Ocean: A Philsopher's Journey”, fotografa perfettamente la situazione attuale e definisce «inaccettabile l’irresponsabilità di chi traghetta vite umane e dovere di tutti prestare soccorso e garantire un porto sicuro, perché la cultura del mare si è costruita lungo i molti millenni in cui gli esseri umani hanno solcato i deserti d’acqua. Una storia che ha sempre riconosciuto l’asimmetria tra un elemento naturale dai poteri di fatto illimitati e la fragilità delle vite umane che si misurano, per sfida, per lavoro o per sciagura, con la sua forza».

Kleronia porterà a Trieste un altro importante messaggio emerso durante la tappa veneziana del workshop AtWork “Where is South?” che ha visto la partecipazione di giovani rifugiati e loro coetanei italiani. Si tratta di taccuini d’autore, risultato finale dei cinque giorni di workshop, esposti all’interno della mostra “Rothko in Lampedusa”, organizzati da UNHCR a Venezia durante il periodo della Biennale d’Arte 2019, aperta fino al 24 novembre a Palazzo Querini. La mostra è incentrata sulle opere di otto artisti che hanno vissuto la condizione di rifugiato o che hanno fatto di questo tema un elemento cardine della propria carriera. Insieme a loro espongono cinque creativi emergenti che vivono attualmente lo status di rifugiato, con l’obiettivo di gettare nuova luce sulla condizione e sul talento delle persone costrette alla fuga. «In questo momento storico in cui vengono creati confini e muri per dividerci - spiegano i sostenitori dell’iniziativa -, con timori irrazionali, rivedendo e/o cancellando la Storia, speriamo che le esperienze e i racconti che portiamo ispirino nuove prospettive che possano riempire gli spazi che ci separano».

Un incrocio di iniziative di forte impatto che unisce l’arte alla cultura del mare nella comune vocazione alla testimonianza di valori inalienabili. Sostengono questa iniziativa i velisti Vittorio Malingri, Ambrogio Beccaria, Matteo Miceli, Hamed Ahmadi, Nation25, Associazione Italiana Giovani per l'Unesco, Dlv Bbdo, Freel, Tree, Venice Art Factory, Atelier Trame Libere, Puntoseta, Progetto Agata Smeralda Onlus, Fum Studio, Talking Hands. —





Riproduzione riservata © Il Piccolo