La collezione di lady Phillips che scambiò un diamante con capolavori dell’arte

Da Johannesburg a Conegliano la raccolta della nobildonna  convinta del valore sociale e didattico della bellezza

il percorso



Lady Florence Phillips ai diamanti preferiva le opere d’arte. Nata a Città del Capo nel 1863, figlia del geometra e naturalista Albert Frederick Ortlepp, nel 1885 si sposa con Lionel Phillips, di origine britannica, magnate del settore minerario e uomo politico. Insieme a lui, qualche anno più tardi, si trasferisce a Johannesburg.

In seguito al tentativo fallito di sovvertire il governo sudafricano allora in mano ai boeri da parte dei britannici, il cosiddetto “Jameson Raid” in cui Lionel era coinvolto, Florence segue il marito, costretto all’esilio, a Londra. In questo periodo inizia ad appassionarsi al mondo dell’arte e soprattutto inizia a pensare che un museo d’arte poteva trasformare Johannesburg da centro minerario in città. A tal fine convince alcuni industriali a concedere dei finanziamenti e delle donazioni; lei stessa comincia ad acquisire dei dipinti. Interessata in un primo tempo all’arte del Settecento inglese e francese, dopo l’incontro con l’esperto d’arte Sir Hugh Percy Lane, suo futuro consigliere, verrà affascinata dagli impressionisti sia francesi che inglesi come ad esempio il paesaggista Philip Wilson Steer. Per acquistare tre suoi dipinti Lady Florence deciderà di vendere un diamante azzurro regalatole dal marito.

Nel 1910 la Johannesburg Art Gallery apre ufficialmente i battenti in una sede provvisoria, ospitata alla South African School of Mines and Technology, quindi nell’edifico progettato da Sir Edwin Lutyens in Joubert Park, allora uno dei quartieri più popolari, scelto nella convinzione che l’arte potesse svolgere un importante ruolo didattico e sociale, rappresentando un’opportunità di crescita culturale per tutta la popolazione.

Oggi il museo ospita nelle sue sale soprattutto arte contemporanea e anche perciò la sua collezione “storica” da qualche tempo è in tournée in Europa. Dopo aver toccato in Italia prestigiose sedi come Villa Reale a Monza e Palazzo Ducale a Genova, è da poco approdata a Conegliano nelle sale di Palazzo Sarcinelli: “Dagli impressionisti a Picasso. Capolavori della Johannesburg Art Gallery” è il titolo dell’esposizione che rimarrà aperta fino al 2 febbraio.

Il percorso inizia con una serie di opere di artisti sudafricani che, rispondendo agli intenti di Lady Phillips, sono giunti ad arricchire nel tempo il nucleo originario della galleria: le opere di Maggie Laubser, Maud Sumner, Gerard Sekoto della prima metà del ‘900 manifestano ancora evidenti influenze della cultura europea. Assoluto protagonista della scena contemporanea sudafricana e internazionale è invece William Kentridge, grande interprete della situazione sociale e politica della sua terra, celebre soprattutto per i suoi video d’animazione: in mostra è rappresentato da tre potenti opere grafiche di grandi dimensioni.

Salendo al piano nobile si incontra invece Lady Florence Phillips nello splendido ritratto realizzato da Antonio Mancini, pieno di colore, ricco di tratti ed espressività. Si scoprono quindi un John Everett Millais ancora legato al realismo, Dante Gabriele Rossetti con la sua “Regina di cuori”, uno sconvolgente Lawrence Alma Tadema. Seguono le opere degli autori francesi, acquistate dalla Phillips o donate al museo dal finanziere Otto Beit. Spiccano “Le scogliere di Etretat” di Courbet, “Regate all’Argenteuil” di Boudin, “Due ballerine” di Degas, “La primavera” di Monet.

Particolare per la pennellata che pare giocare con luci, colori, riflessi è “La finestra sul fiume” di Le Sidaner, artista oggi poco noto. Ci sono poi un carboncino di Van Gogh, una gouache di Vuillard, disegni di Rodin e Maillol.

Modigliani con una delicatissima matita su carta apre agli autori del ‘900 dove troviamo Picasso con un Arlecchino disegnato a matite e pastelli su carta, due dipinti di Derain per chiudere con Bacon, una litografia un po’ surrealista di Lichtenstein e le serigrafie di Warhol che ritraggono Joseph Beuys. —

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