La corsa all’Unesco costa 300mila euro e divide il Palazzo

Non solo una questione di tempi, ma adesso anche di numeri. Intesi come costi da sostenere. La telenovela della candidatura nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco del centro storico di Trieste, nello specifico l’area racchiusa tra le piazze Unità, Borsa e Verdi, si arricchisce di un nuovo capitolo. Ieri la questione è passata al vaglio della commissione Cultura presieduta da Daniela Gerin (Sel).
La vicenda risale all’autunno del 2012, quando fu presentata una delibera di iniziativa consiliare su proposta dell’allora gruppo del Pdl, in seguito integrata da un emendamento dei consiglieri di maggioranza Giovanni Barbo e Patrick Karlsen che avevano chiesto che la proposta di candidatura venisse allargata all’intero patrimonio Neoclassico cittadino. Una delibera che fu approvata dal Consiglio comunale all’unanimità. Poi però l’iter si incagliò nei meandri dell’apparato burocratico municipale. A cercare di far chiarezza sulla questione lo scorso novembre fu la commissione Trasparenza che rilevò che in oltre tre anni era stato fatto poco o nulla.
«Gli uffici si sono attivati per la ricerca dei consulenti che possano redarre il dossier da presentare alla Commissione Nazionale per l’Unesco al fine di inserire la proposta nella cosiddetta “lista propositiva” - ha spiegato Paolo Tassinari, assessore comunale alla Cultura -. È questo però solo il primo passaggio di un percorso che dovrà transitare attraverso un iter lungo e complesso che prevede una serie di analisi comparative e di consultazioni che tengono conto di diversi criteri. Tutto questo prima che arrivi la decisione vera e propria da parte dell’Unesco. Un iter non solo lungo, ma anche oneroso, in quanto mi è stato riferito, ma solo a livello informale, che la stima dei costi complessivi per la candidatura ammonta mediamente a circa 300 mila euro».
Tassinari ha poi ricordato come nella lista di attesa nazionale ci siano una quarantina di richieste che aspettano di essere esaminate, alcune di queste presenti già dal 2006. Spiegazioni che non hanno però convinto le forze di opposizione che sono passate al contrattacco. «Sono trascorsi ormai quasi quattro anni e scopriamo di essere sempre al punto di partenza - ha affermato Paolo Rovis (Trieste Popolare) -. È fin troppo evidente la mancanza di volontà dell’amministrazione di portare avanti questa candidatura, nonostante la delibera di iniziativa consiliare sia stata approvata all’unanimità. Siamo di fronte a una vicenda vergognosa che rappresenta una macchia per questa giunta». Concetti ripresi da Michele Lobianco (Impegno Civico): «La mancata attenzione sulla candidatura Unesco è una grossa occasione persa da questa amministrazione che va ad incidere sul fattivo rilancio della città». Così infine Piero Camber (Forza Italia) e Manuela Declich (Pdl): «Non nascondiamoci dietro l’alibi dei costi. È difficile credere che tutti i siti in regione che sono diventati patrimonio Unesco o che hanno presentato la richiesta, abbiano speso quelle cifre. Non facciamo passare per impossibili le cose più semplici: è solo una questione di buona volontà».
È stata poi esaminata la modifica al regolamento della Cappella Civica, che nello specifico riguarda i titoli di cui dovranno essere in possesso gli aspiranti all'incarico di Direttore che passeranno al vaglio di una specifica commissione. Vale a dire Diploma accademico di primo livello in Direzione di coro e composizione corale, oppure Diploma di Conservatorio in Composizione o Diploma di Conservatorio in Musica corale e direzione di coro. «Un ampliamento dei criteri di ammissione che si adegua ai nuovi corsi di studio attivati nei Conservatori dopo la riforma, accolto positivamente dalla Cappella Civica e che ha tenuto conto del parere del Tartini» ha spiegato Tassinari. Ma per l’opposizione rimangono dei dubbi relativi in particolare «al fatto che viene inserito un titolo del vecchio ordinamento che prima non era previsto e che dunque non può essere equiparato agli altri». Per Claudio Giacomelli (FdI) si tratta a questo punto «non di un adeguamento normativo, ma semplicemente di una scelta musicale».
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