La cuoca bolognese “amica” di Guccini sbarca in via Cadorna

Galeotti furono i Pearl Jam. Perchè di Trieste, fino a quel momento, Giovanna Abbondanza conosceva solo quelle due nozioni patriottarde che ti ammaniscono a scuola, il dipiù, in termini letterari e storici, che cerca chi vuol ampliare la propria cultura, e poco altro. Mai vista, mai visitata, non pervenuta. Quel concerto dell’altra estate, invece, che l’ha vista proiettarsi qui con un gruppo di amici, alla ricerca del rock ma anche di un posto sconosciuto, l’ha segnata nel profondo. E non solo dal punto di vista musicale.
Ci piace pensare che sia stato amore a prima vista per la città. Magari avrà contribuito anche il buon approccio con l’ambiente locale («Quattro banche su cinque hanno approvato il mio business plan, quasi incredibile!»). Nei fatti, neanche un anno dopo, vive qui e si appresta a partire con la sua più grande avventura, un nuovo locale.
Perchè Giovanna è una cuoca fatta e finita, vanta esperienze pluriennali in vari ristoranti dell’Emilia, sua patria d’adozione, anche se è nata per caso a Roma da genitori fiorentini e nel suo curriculum vanta persino quattro anni da archeologa in Messico. Un imprinting che, peraltro, caratterizzerà il suo “Mimì e Cocotte” nome all’apparenza cervellotico ma che deriva da una frase-tormentone dei nonni nell’infanzia e anche da un gioco di parole sul ruolo del cuoco...
In via Cadorna, nell’angolo dietro il consolato sloveno, si assiste all’ennesimo remake di un vecchio magazzino, rigorosamente con pietre a vista e volte da urlo. Un centinaio di metri quadrati pronti ad ospitare gli estimatori delle cucine regionali (per la partenza si parla di fine giugno) ma anche chi in una trattoria cerca il calore umano, la socialità, la voglia di parlare e scambiarsi esperienze. La fuga, anche, dalla dittatura dello smartphone.
L’esperienza non le manca di certo. Basti un nome: via Paolo Fabbri. Di sicuro gli estimatori di Francesco Guccini avranno fatto un salto sulla sedia. Proprio in quella viuzza bolognese, infatti, esisteva la trattoria preferita dal cantautore e da altri artisti. Guccini le dedicò anche un popolarissimo album. Lei, lavorava proprio di fronte, godendosi ogni minuto di quel think-tank intellettuale, e partecipandovi. «Bologna adesso -si lamenta Giovanna - non è più la stessa, è peggiorata anche sotto il profilo della gastronomia, in mano a una lobby ben precisa» .
Un ottimo motivo, dunque, per cambiar aria e proporre in un posto dai ritmi ancora slow quei tortellini fatti a mano che, anticipa, saranno di sicuro una delle attrazioni della sua trattoria almeno una volta alla settimana. Per il resto ci sarà l’imbarazzo della scelta, con quelle che lei stessa definisce «incursioni» nella cucina vegetariana e vegana o addirittura giapponese, avendo lavorato per un biennio proprio in una “linea” del Sol Levante. «Niente sushi, però!», si schermisce, quasi a non voler buttare troppa carne, anzi, pesce sul fuoco.
Il menu, comunque, varierà tutte le settimane, con piatti a “spot” e anche cibi per asporto. Nel ventre dell’ex magazzino, gli operai sono in pieno lavoro, rendendo ancora difficile anche immaginarsi cosa ne potrà venire fuori. Ma Giovanna sembra una motivata, che non lascia niente al caso. Di sicuro, sarà un bel vedere, come partenza. Allo studio anche forme di fidelizzazione del cliente, con una “card” che permetterà di godere di una portata gratuita ogni tot comprate, e persino una forma solidale sul modello del napoletano “caffè in sospeso”.
Insomma, le idee non mancano, l’entusiasmo neanche. In quello che è ormai diventato il polo d’attrazione numero uno per gli enogastronauti locali, Giovanna mette subito le mani avanti anche quanto ad orari. Niente movida, ci mancherebbe, ma aperture e chiusure da trattoria tradizionale, con concessioni all’ora degli apertivi nella parte centrale della settimana, la colazione al sabato e l’iperclassica chiusura domenicale. Guccini apprezzerebbe.
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