La farmacia di piazza Unità si trasforma in mini museo

Recuperati antichi banconi e arredi originali della storica “spezieria” Ai Due Mori A fine Settecento il retrobottega diventò la base logistica di un gruppo carbonaro
Silvano Trieste 18/12/2017 Farmacia ai Due Mori
Silvano Trieste 18/12/2017 Farmacia ai Due Mori
Chiamarla semplicemente farmacia ora sarà difficile. Meglio accostarle la qualifica di “piccolo museo”. Cogliendo l’occasione di un’operazione di ristrutturazione e ampliamento, avvenuta negli ultimi mesi, Giulio Longo, titolare della storica farmacia “Ai Due Mori” di piazza dell’Unità d’Italia, inserita dalla fine del Settecento al pian terreno del palazzo del Municipio, ha voluto abbinare alla moderna funzionalità, elemento indispensabile per qualsiasi attività commerciale, la presenza di elementi che richiamano alla storia del luogo e della stessa Trieste. E così sono stati riportati all’originario splendore il bancone principale - che risale alla seconda metà dell’Ottocento e continua a essere l’elemento centrale dell’arredo -, altri banconi, più piccoli ma ugualmente affascinanti e la fotografia della scritta originale, che sovrastava l’ingresso.


Inoltre all’interno, proprio a fianco dell’antico bancone, una foto ad altezza uomo, nella quale campeggia l’immagine di Paolo Longo, padre di Giulio, che prese in gestione la farmacia nel lontano 1947, per poi lasciarla al figlio nel ’78. «Dopo averla acquistata nel 1950 - ricorda oggi Giulio - facendo un grosso debito di cinque milioni, una cifra considerevole per l’epoca, che ho voluto onorare anche con l’impegno nel mantenere oggi viva questa tradizione famigliare».


Una tradizione che promette di proseguire anche in futuro Maddalena, la figlia di Giulio che sta completando all’Università gli studi di Farmacia, in linea quindi con la strada tracciata ben 70 anni fa.


Ma sotto la foto del papà Paolo, Giulio Longo ha voluto riportare anche una breve storia della farmacia, «di cui conservo documenti molto interessanti sotto il profilo storico» precisa, che si intreccia con quella della città. E così si scopre che la farmacia fu fondata nel 1750 con la denominazione diffusa in quegli anni di “spezieria”. Solo in seguito il nome cambiò diventando “Due etiopi”, scelto probabilmente in omaggio ad alcuni prodotti che cominciavano ad arrivare dall’Etiopia, Paese con il quale i traffici si stavano intensificando in virtù del fatto che, nel 1871, era stato completato il Canale di Suez.


In un atto datato Trieste, 12 marzo 1796, si legge poi che «Antonio Zampieri, “speziato” approvato dall’Università di Vienna, resta autorizzato ad amministrare in nome proprio la spezieria “De Due Mori”, vendutagli dal proprietario Bernardo Giorgini, dopo che avrà prestato il prescritto giuramento, relativo all’esercizio della sua professione di speziale».


La farmacia fu anche sede di un gruppo carbonaro: nell’ultimo decennio del Settecento, sembra che lo stesso Zampieri ospitasse, nel retrobottega, fra albarelli, vasi officinali, mortai e i mille profumi delle essenze aromatiche, coloro che tramavano contro la monarchia asburgica. Esistono poi gli atti dei successivi passaggi di proprietà, da Giuseppe Cotta a Paolo Rocca, da Antonio Praxmarer I ad Antonio Praxmarer II, ad Antonio Praxmarer III, alla fine dell’Ottocento.


Fino ad arrivare ai Longo: «Fra la gestione di mio padre e la mia - osserva con soddisfazione Giulio - siamo complessivamente a settant’anni. Oggi - conclude - sono orgoglioso dello sforzo fatto per dare alla città un mio personale contributo storico. Sono molti i turisti che mi chiedono di poter fotografare i banconi originali».


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