La grande nevicata del 1985 a Gorizia e Monfalcone e la spiaggia di Grado ghiacciata
Il risveglio sotto la dura coltre bianca dopo la violenta tempesta nei ricordi dei lettori del Piccolo

La «nevicata del secolo» non ha risparmiato nemmeno Monfalcone e Gorizia. Anche qui il ritratto di quei giorni irripetibili del 1985 emerge in modo vivido dalla sovrapposizione tra le testimonianze inviate dai tanti lettori e le pagine di cronaca d’allora. Cronache che, in realtà, non si limitano alla parentesi tra il 13 e il 17 gennaio, ma si estendono fino alla primavera successiva, come testimonia il titolo dell’edizione del Piccolo di Monfalcone di martedì 12 febbraio: «Una notte di tormenta e di gelo», seguito da «l’inverno è tornato a ruggire all’improvviso e la città si è ripresentata completamente imbiancata».
Monfalcone e dintorni
Questo perché tutto l’inverno 1985, non solo i cinque fatidici giorni di gennaio, è stato anomalo, anche tenendo in considerazione la maggiore frequenza con cui la neve faceva da sfondo alla vita di un tempo. La neve, certo, ma anche e soprattutto la Bora, il cui soffio non conosceva confini: «La tempesta di neve, accompagnata da una Bora fortissima e gelida, è arrivata a Monfalcone dopo aver investito Trieste», si legge sempre nelle pagine di cronaca. Un risveglio «sotto una coltre bianca di neve dura e ghiacciata, risultato della violenta tempesta abbattutasi sull’intera zona nella notte».

L’immagine confortevole e arricchita di immaginazione che spesso si ha delle nevicate – e che pure è parte integrante della memoria collettiva – non deve però far dimenticare i disagi che queste spesso portano con sé. «Lezione all’Università. Partenza da Gorizia. Al terzo testacoda sul Vallone, mesto rientro», scrive ad esempio il lettore Mario Corubolo, costretto a un pendolarismo reso complicato dal meteo inclemente. L’elenco dei danni è del resto riportato con precisione qualche riga più in basso nelle pagine d’archivio: «In città e in tutti i centri del Monfalconese si registrano danni causati dagli alberi abbattuti dalla violenza del vento. (...) Il vento e la caduta degli alberi hanno tranciato cavi dell’elettricità e la circolazione è stata lenta e prudente».
Gorizia
I disagi ci sono, inevitabilmente, ma non si pensi che possano davvero oscurare il clima incantato che resiste imperterrito nel fondo della memoria. «A Gorizia, la mia città, su e giù per le scalinate del Castello, diventate un tutt’uno», è la risposta inviata dalla lettrice Luisa Lou, forse quella che in poche parole e in un’unica immagine condensa al meglio l’esaltazione del sentimento condivisa dai più. Un sentimento che affiora soprattutto nei racconti tramandati da Grado, dove l’ondata di freddo «è arrivata del tutto improvvisa e imprevedibile». Non a caso anche la cronaca, di solito neutra e distaccata, indulge volentieri negli aggettivi e in un pathos da elzeviro: «L’isola è ritornata a essere ricoperta da un manto nevoso reso cristallino dalla pioggia precedentemente caduta, che ha ricoperto certe zone di un cristallo di ghiaccio». Tutto ciò a dispetto «della pioggia che era iniziata a cadere nella serata di domenica» e che «sembrava fosse il preludio di uno di quei periodi che in gergo marinaro si usano definire di scirocco, poiché tutto lasciava prevedere che il clima fosse propenso a stabilizzarsi sulle correnti del Sud».
Grado

Pure Grado non è stata immune dagli inconvenienti. «Tutto il caseggiato delimitato dalle via Genova, Pisa, Amalfi e Trento è rimasto senza corrente e la circolazione si è atta molto difficile, a causa del crostone di ghiaccio e di neve che ricopriva tutte le strade sia del centro sia della periferia», riporta una cronaca di febbraio. Eppure siamo certi che anche chi è rimasto senza corrente guardi a quei freddi giorni del 1985 con un pizzico di nostalgia. —
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