La guerra delle cifre sullo sciopero di Usb alla Trieste Trasporti

Per l’Unione sindacale di base (Usb) si è trattato sicuramente di un successo, perchè allo sciopero proclamato alla Trieste Trasporti ieri mattina ha aderito il 60% dei lavoratori. Un’adesione che, secondo il coordinatore regionale del settore lavoro privato Sasha Colautti, ha bloccato metà dei bus impiegati nel servizio di trasporto pubblico.

L’azienda non ha fornito statistiche sul numero degli scioperanti mentre ha ridotto al 30% l’incidenza dell’agitazione sull’effettuazione delle corse. Lo sciopero è stato accompagnato da un presidio davanti alla sede aziendale in via Caduti sul lavoro.

Il risultato conseguito ha comunque motivato Colautti a richiedere l’intervento degli assessori regionali Pizzimenti (trasporti) e Rosolen (lavoro), affinchè dipanino i dubbi sindacali riguardo alla società consortile (scarl) formata dalla stessa Trieste Trasporti, dalla goriziana Apt, dall’udinese Saf, dalla pordenonese Atap. Questa aggregazione dovrebbe gestire il trasporto pubblico locale in regione: il condizionale è ancora d’obbligo perchè si attende la decisione del Consiglio di Stato sull’istanza di ricusazione presentata dalla concorrente Bus Italia (gruppo Fs) in merito alla sentenza d’appello emessa da palazzo Spada. Decisione che in gennaio pareva imminente e che invece a metà maggio si fa aspettare.

Usb teme che il piano industriale, preparato dalla cordata formata dalle concessionarie uscenti, si basi su un aumento dei servizi e del chilometraggio, su tagli di costi giocati sulla pelle dei dipendenti. «Lo sciopero - ha commentato Colautti - ha inteso trasmettere un segnale anche alla dirigenza di Trieste Trasporti. Perchè è necessario che l’azienda si sieda a un tavolo per discutere con noi di salario, di organizzazione e di condizioni lavorative: senza risposte, il percorso di mobilitazione continuerà». —

Magr

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