La guerra delle perizie nel processo a Bò e Valerio

Guerra delle perizie calligrafiche al processo che vede imputati, con l’accusa di falso, l’ex capo della Squadra mobile di Trieste, Mario Bò, ora all’Anticrimine di Gorizia, e l’ispettore Alessandro Valerio. Un procedimento avviato nell’ambito del “caso Lorito”, della vicenda giudiziaria a carico dell’ex capo della Squadra Mobile di Trieste e di quella di Gorizia.
Ieri mattina, nell’aula 271 del Tribunale triestino, le due consulenti chiamate a testimoniare e a illustrare le conclusioni dei rispettivi lavori hanno portato valutazioni profondamente diverse fra loro. Valutazioni frutto delle analisi volte a capire se la firma in calce a un’annotazione di servizio di polizia datata 7 settembre 2007 fosse stata realmente apposta dall’ispettore Giacomo Bresa (morto nel 2008 a causa di un infarto) oppure no, e se in quest’ultimo caso potesse allora essere stata falsificata o meno dall’ispettore Valerio. Per Nevia Dilissano, consulente tecnico della parte civile (incaricata dall’avvocato Guido Fabbretti, che rappresenta in aula la famiglia di Bresa), «la firma in verifica è innegabilmente un falso, oggettivamente». «È apocrifa - ha aggiunto poi -, un falso, non di mano del signor Bresa», e infine: «Con ragionevole certezza è apocrifa, non ci piove sopra». Riguardo all’ipotesi che l’avesse apposta Valerio, ha affermato: «È probabile che sia sua».
Di tutt’altro tenore, le dichiarazioni rese davanti al giudice Filippo Gulotta da Rosalba Bartalotta Trevisani, consulente del difensore dell’ispettore Valerio, l’avvocato Andrea Frassini (il legale di Bò è Eugenio Vassallo): «Le mie conclusioni escludono l’appartenenza della firma alla mano di Valerio», in primis. Inoltre: «E non so dire se era di Bresa. Non posso parlarne con certezza». «Non si è in grado di attribuire la sigla in verifica alla mano di Alessandro Valerio», ha ribadito ancora. Bartalotta Trevisani ha contestato gli esiti della perizia di Annamaria Colturato, consulente tecnico a suo tempo incaricato dall’ex procuratore capo Michele Dalla Costa che aveva poi lasciato il fascicolo al pm Antonio Miggiani: Colturato aveva escluso come la firma potesse essere di Bresa, rilevando anche che vi fosse una «ragionevole certezza» per ritenerla posta da Valerio.
Nella guerra delle perizie, alla fine, il giudice Gulotta ha stabilito di affidare un nuovo esame grafologico collegiale ad altri esperti, a questo punto necessario «ai fini della decisione», ha sottolineato. Gli incaricati: Pacifico Cristofanelli e Antonella Foi. Le operazioni peritali inizieranno il 27 marzo alle 15, a Udine, nello studio della dottoressa Foi. Gli incaricati avranno 60 giorni di tempo per ultimare il loro compito. La prossima udienza del processo è stata fissata al 25 giugno, alle 10.
Al centro dell’inchiesta, avviata da un esposto del vicequestore Carlo Lorito (ieri presente in aula, come parte civile nel processo, assieme al suo avvocato Giorgio Borean), c’è appunto quella annotazione di servizio, che secondo l’accusa porta in calce una firma falsa, messa ad arte. Il contenuto dello scritto, documento-cardine che aveva portato alla condanna in primo grado di Lorito (poi assolto con formula piena in appello dalle accuse di favoreggiamento, corruzione e rivelazioni di segreti d’ufficio), avrebbe dimostrato l’esistenza di collegamenti “privati” tra la questura di Trieste e quella di Gorizia. Collegamenti che avrebbero vanificato - secondo chi si era occupato dell’indagine su Lorito - almeno due agguati ad altrettanti spacciatori che si erano dati appuntamento a Ronchi e al Villaggio del pescatore.
Valerio alla Mobile aveva seguito all’epoca in prima persona l’indagine su Lorito, Bò era invece a capo di quella sezione investigativa alla questura di Trieste. Ieri in aula, dei due, era presente solo il secondo.
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