La Lista per Trieste ha la sua targa. Il “comizio” 49 anni dopo Osimo

Inaugurata davanti alla prima sede del Melone con Lori Gambassini e l’ex sindaco Staffieri: «Anni incredibili per la città»

Francesco Bercic
Lo scoprimento della targa Fotoservizio Andrea Lasorte
Lo scoprimento della targa Fotoservizio Andrea Lasorte

Una bambina dallo sguardo confuso stringe fra le mani la bandiera della Lista per Trieste. È schiacciata in mezzo alla folla, qualcuno agita il suo «certificato di adesione», altri impugnano un libro o un mazzo di fiori. «Ora ridateci l’Istria», se la ride un simpatizzante canuto. È il 10 novembre, ma del 2024: sono trascorsi esattamente quarantanove anni dalla firma del Trattato di Osimo, che sancì la cessione della Zona B alla Jugoslavia, eppure sembra di assistere a un comizio del Melone.

La prima pagina del Piccolo del 1978
La prima pagina del Piccolo del 1978

Anche il luogo è lo stesso di un tempo. Quel palazzo di via San Nicolò di fronte al quale si raduna una insolita comitiva domenicale ha ospitato la prima sede della Lista, accompagnandone i successi elettorali degli albori fino al trasferimento, nel 1981, nel domicilio di corso Saba.

E lì davanti c’è sempre Loretta Gambassini, vedova di Gianfranco e fondatrice all’epoca del Movimento Donne Trieste, costola della Lpt rivolta al sociale. Oggi “Lori” ha ottantasei anni e la sua «vittoria», almeno a giudicare dalla cornice che la circonda, vale quanto un’elezione: la Lista per Trieste – prima lista civica nella storia della politica italiana – ha ottenuto la sua targa commemorativa, proprio lì dove «si predisposero tante campagne comunali, provinciali, regionali e poi nazionali».

Le piazze del 1975 contro Osimo
Le piazze del 1975 contro Osimo

La (voluta) coincidenza della inaugurazione con l’anniversario del Trattato di Osimo ha fatto il resto. «Se Gianfranco fosse con noi direbbe: dai, picchia e mena. Ce l’abbiamo fatta», esclama Loretta Gambassini. Perché quella combattuta negli ultimi anni per arrivare al successo di domenica è stata vissuta da “Lori” al pari delle «imprese» di un tempo, iniziata nel 2022 con una mozione sottoscritta dal Consiglio comunale e proseguita con appelli personali al sindaco Dipiazza.

Il risultato finale, frutto di un compromesso formale con i condòmini di via San Nicolò che lo hanno approvato, recita: «Ispirata da precipuo interesse civico, qui sorse nell’anno 1976 la Lista per Trieste, che amministrò per lunghi anni con rettitudine e purezza di intenti la città di Trieste».

Ci sono almeno cinquanta persone giunte a battezzare la targa. Molti si riconoscono a prima vista, o subito dopo i convenevoli: sono i «compagni» di quarant’anni fa, «con i capelli bianchi e la stessa passione», come dice, perentoriamente, uno di loro.

Bandiere, toppe, fotografie ingiallite e gli immancabili «certificati di adesione» della Lista per Trieste fanno da sfondo a un tuffo nel passato politico e sociale della città. All’arrivo di Loretta Gambassini scoppia un primo applauso, cui lei risponde con understatement, limitandosi a sorridere.

Lori Gambassini illustra il significato della targa scoperta in ricordo della Lista per Trieste

Prima di scoprire la targa, viene riletta ad alta voce «l’epopea» del Melone. «Tutto ebbe origine il 10 novembre 1975», racconta Bruno Baldas, ritornato per una mattina nelle vesti di direttore della “Voce libera”. Quel giorno iniziano a muoversi i «dieci illustri cittadini» che daranno vita al Comitato, cui si uniranno Manlio Cecovini, Gianni Giuricin, Letizia Fonda Savio e Aurelia Gruber Benco. Quindi la raccolta firme per ottenere la Zona franca integrale, arrivata a 65 mila adesioni «ma insabbiata dal centrosinistra». E il risultato più importante, «la salvezza del Carso dalla possibile creazione del polo industriale», poi consacrata dalla vittoria alle elezioni comunali nel 1978.

Scoperta la targa in ricordo della Lista per Trieste

«Siamo stati la lista civica per antonomasia, uno strumento per portare la voce dei triestini là dove era necessario», commenta Lori Gambassini. Annuisce accanto a lei il sindaco Roberto Dipiazza: «Sono stati anni incredibili per la città, ricordo tante donne della Lista che facevano i banchetti. Pensate che cosa sarebbe successo, se avessero realizzato davvero quell’industria sul Carso! Tito voleva prendersi così Trieste». Altri applausi. Ma l’apprezzamento più sentito lo riscuote l’ex sindaco della Lpt Giulio Staffieri, avanzando tra gli astanti e omaggiando l’impegno di Loretta Gambassini.

«Siamo stati la progenie di un fenomeno che ha trasformato tutta l’Italia. Non abbiamo sconfitto la partitocrazia, però abbiamo contribuito a cambiare i partiti». E in fondo la storia gli ha dato ragione. Su questo punto, fin dai primi appelli, ha sempre insistito Loretta Gambassini, giustificando così il suo sforzo per realizzare la targa: «Vogliamo lasciare alla città la memoria di quell’afflato sociale e sappiamo che i nostri grandi vecchi applaudiranno insieme a noi». Un «afflato» da lei stessa giudicato «irripetibile», poiché legato a una particolare contingenza storica. Ma per questo motivo ricco di significati da tramandare «alle generazioni attuali e future». —

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