La necropoli di Sant’Anna cresciuta nell’Ottocento

Trieste non è una metropoli ma una necropoli. Lo ricorda sempre il poeta crepuscolare Ugo Pierri. E il centro di Trieste Necropoli è a Sant’Anna. La città visse nel corso del XIX secolo il periodo più fiorente della sua storia come porto principale dell’impero austroungarico. La popolazione, grazie agli editti di Maria Teresa, crebbe rapidamente dai 30.000 abitanti del 1800 ai 235.000 abitanti del 1914. Fu così, che per mancanza di spazio, già nei primi anni dell’800, l’amministrazione comunale cercò soluzioni alternative ai due vecchi cimiteri, posti sul colle di San Giusto, poco distanti dalla cattedrale. In una zona molto lontana dal centro abitato, sul lato sud della città, venne individuata, sul colle di Sant’Anna, la posizione ottimale per la costruzione di un nuovo grande cimitero. La prima sepoltura nel cimitero cattolico di Sant’Anna fu effettuata il 1 agosto 1825 ed è in questo periodo che si abbandonarono definitivamente i due cimiteri del colle di San Giusto: sia quello maggiore, adibito ad Orto Lapidario, sia quello minore, ridotto a sagrato delle cattedrale.
Il cimitero di Sant’Anna sorge su un terreno di 68.500 metri quadrati che apparteneva alla famiglia patrizia dei Burlo che, oltre a una casa, possedeva sul terreno anche una cappella dedicata a Sant’Anna. Il cimitero è frutto del lavoro dell’architetto neoclassico Matteo Pertsch (1769-1834) che a Trieste realizzò Palazzo Carciotti, Rotonda Pancera e la Chiesa di San Nicolò dei Greci. A ridosso del cimitero cattolico di Sant’Anna sorsero altri cimiteri di differente fede religiosa (ebraico, serbo-ortodosso, greco-ortodosso, protestante ed elvetico-anglicano). A dimostrazione di Trieste città cosmopolita, multietnica, crocevia e crogiolo (secondo la definizione di Bobi Bazlen). La monumentale porta neoclassica disegnata da Pertsch è diventata poi secondaria. Ora l’ingresso principale in via dell’Istria 206 è ornato da tre sculture di Marcello Mascherini raffiguranti i due Angeli e una Resurrezione di Lazzaro. Il cimitero è dotato di una galleria, che attende da anni un urgente restauro, dove si possono ammirare opere di scultori come Giuseppe Capolino, Giovanni Meyer, Pietro Canonica, Pietro Magni. La prima tomba, quella della famiglia Valle, risale al 1826. Da allora capitani d’industria e di mare, militari, commercianti e membri di tutte le grandi famiglie di Trieste riposano nella galleria di tombe monumentali del cimitero di Sant’Anna. Nel libro “I cimiteri di Trieste. Un aldilà multietnico”, a cura di Roberto Curci, si racconta la storia della galleria che ospita una sessantina di tombe di famiglia «per la maggior parte di interesse monumentale e firmate da artisti di sicura fama nazionale». Il libro elenca i nomi iscritti sulle lapidi, specchio delle élite dell’epoca: «I Tonello (fra i primi titolari di cantieri navali a Trieste), i Franellich, i Burgstaller, gli Oblasser, i Banelli, i Capuano» e tanti altri. Scrive Curci: «Giacciono qui non solo possidenti e capitani d’industria, spedizionieri e armatori, conti e baroni; ma anche un valente architetto, Domenico Corti (1783-1842), e un osannato cultore della storie e delle lettere patrie, Domenico Rossetti de Scander (1774-1842)». Se si va a caccia di defunti celebri e tombe notevoli, il libro di Curci è una buona guida. Aron Hector Schmitz, Italo Svevo, ad esempio, è sepolto nell’edicola della famiglia Veneziani non lontano dall’ingresso. Poco più in là un monolite carsico segna il luogo di riposo di Umberto Saba. Un paio di metri a destra si torva la tomba di un altro poeta, Virgilio Giotti. Non distante dalla chiesa, invece, un obelisco segna quella di Julius Kugy. A ridosso del muro di cinta si trova la tomba della famiglia Lovrich, il ramo materno di Giorgio Strehler. E qui sono custodite le ceneri del celebre regista. Nel campo 4 si trovano le sepolture liriche del mezzosoprano Fedora Barbieri e il baritono Piero Cappuccilli assieme a quelle di Giuseppe Ressel, l’inventore dell’elica, degli architetti Berlam e del pugile Tiberio Mitri costituita da un singolare ring. (fa.do.)
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