«La pistola? A casa la chiudo a chiave»

Il simbolo del loro lavoro è quella piccola striscia adesiva lasciata sugli stipiti delle porte durante il lungo giro di perlustrazioni notturne. Ma l’attività delle guardie giurate non si limita a questo. Negli anni, infatti, i “vigilantes” hanno assunto incarichi sempre più complessi. Ne sa qualcosa Roberto Tavano, 51 anni, delegato Filcams Cigl e guardia giurata da 25 anni. Un passato da vigile del fuoco discontinuo, Tavano ha iniziato con il servizio di vigilanza all'Itis e, dal 2003, è in servizio al Palazzo di giustizia. Per tutti lì ormai è un punto di riferimento: conosce avvocati, giudici, magistrati, cancellieri, tutto il personale. Non entra uno spillo senza che lui se ne accorga. Dalla guardiola sistemata all'accesso principale del Tribunale monitora quel varco, anche attraverso il dispositivo radiogeno che passa ai raggi x borse, pacchi e chiunque accede.
«Questo lavoro è anche una questione di fortuna, - valuta la guardia giurata -. Ci sono colleghi che si sono trovati a dover fronteggiare situazioni molto pericolose e difficili. Io, grazie a dio, non ho mai intercettato armi, mentre mi è capitato spesso di trovare coltelli (dal semplice temperino al coltello), che vanno poi segnalati agli organi competenti. Capitano anche episodi buffi - riferisce -. Una volta per esempio guardando il monitor mi sono accorto di qualcosa di strano dentro una borsa in passaggio sul rullo: ho fermato la proprietaria e ho scoperto che aveva infilato il cane nella valigia tentando di farlo entrare in Tribunale». Da un anno, da quando non ci sono più forze di polizia ad affiancarlo all’entrata del palazzo di giustizia, Tavano lavora insieme a un collega. «Incontriamo gente di ogni tipo - racconta -. Imputati, testimoni, persone con fragilità, gravi problemi familiari, parenti disperati, genitori in lotta per l'affidamento dei figli. Serve tatto, lucidità, freddezza, capacità di sedare situazioni che potrebbero degenerare». E la pistola? «Appena arrivo a casa, avendo un figlio piccolo, la chiudo in cassaforte». Tavano rivela che non è inusuale che qualche giovane praticante avvocato, gli lasci il curriculum. «Cercano lavoro e mi chiedono di portarli in ditta», spiega.
Tra i 450 vigilanti di Trieste almeno una trentina sono laureati. Come Andrea Loffredo, 42 anni, 15 di lavoro come guardia giurata e una laurea in Lettere moderne in tasca. «Finiti gli studi ho spedito diversi curriculum e l'unica azienda che mi ha contattato è stata l’ormai fallita Unità Fortior. Ho valutato che era comunque un lavoro - continua Loffredo - e ho iniziato con i miei turni notturni (5 notti di fila e un giorno di riposo), adattandomi negli anni alle diverse richieste dell'azienda. Questo lavoro mi ha consentito comunque di sostenere un mutuo. Ho un buon contatto a tempo indeterminato e un buon stipendio». «Quanto alla pistola - conclude - ce l’ho perché devo averla. Non mi è mai capitato di usarla fuori dal poligono perchè è vero che Trieste non è più un’isola felice, ma non è nemmeno il Bronx». (l.t.)
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