La rivolta dei Tolminotti vent’anni fa divise Gorizia

Isonzo So›a ha ricordato la collocazione della lapide in piazza Vittoria nel ’92 Stasi: «Ai tempi l’insurrezione era vista come una macchia nella storia cittadina»
Di Giovanni Tomasin

Torturati con tenaglie roventi, mutilati, squartati, messi alla ruota. Le loro teste infilzate su delle picche e messe in mostra ai confini della città.

È quanto accadde fra il 23 e il 24 aprile del 1714 ai capi della rivolta contadina dei Tolminotti sulla piazza di Gorizia, davanti al palazzo che oggi ospita la prefettura. Un evento tra i più oscuri nella storia di Gorizia, che colloca la città nello scenario europeo delle grandi insurrezioni contadine che fecero tremare nobili e monarchi di tutto il Continente fra ’500 e ’700.

La rivolta dei Tolminotti fu un momento nodale per Gorizia ma a lungo è stato dimenticato: relegato tra le carte degli studiosi a causa del filtro nazionale che per secoli è stato usato per leggere la storia locale, cancellando dalla memoria dei goriziani alcuni capitoli fondamentali ma troppo “sloveni” della loro storia.

Quell’amnesia fu curata da un gruppo di cittadini e di storici che fra l’88 e il ’92 lottò perché in piazza della Vittoria fosse collocata una lapide in ricordo dei capi della rivolta: esattamente vent’anni fa, dopo un’estenuante ed accesa polemica, quell’epigrafe fu infine collocata. Ed è proprio per ricordare quella conquista che ieri la redazione della rivista Isonzo So›a, che fu tra i protagonisti di quegli eventi, ha celebrato una breve cerimonia in piazza Vittoria.

«Nel 1988 creammo un comitato di cui facevano parte anche storici come Fulvio Salimbeni e Maria Masau - ha ricordato il direttore Dario Stasi -. Chiedevamo che la città ricordasse la rivolta dei Tolminotti con una lapide». La proposta fu subito respinta dalle autorità, il sindaco, la giunta comunale, e scatenò una sequela di reazioni di associazioni nazionali e privati cittadini che vedevano nella proposta del comitato una macchia sull’”italianità” di Gorizia.

Ci vollero quattro anni di impegno e polemiche perché la lapide quadrilingue fosse infine accolta nella piazza cittadina. «Il giorno dell’inaugurazione un gruppo di neofascisti tentò di boicottarci - ha ricordato la redazione di Isonzo So›a - ma le centinaia di persone che erano venute ad assistere li azzittirono battendo le mani». Ieri l’assessore Guido Germano Pettarin ha partecipato alla manifestazione in rappresentanza del Comune: «I fatti del 1713-1714 sono ancora poco conosciuti - ha affermato -, ma in quegli eventi si piantano le radici di problemi sociali che avrebbero coinvolto queste terre ancora nei secoli successivi. Fu doveroso collocare questa lapide nel 1992, così com’è ricordarlo nuovamente oggi: la storia non va mai dimenticata se si vuole comprendere l’attualità».

«Il fatto che oggi un rappresentante del Comune sia qui con noi - ha detto Stasi - è significativo di quanta acqua sia passata sotto i ponti rispetto a vent’anni fa». La lapide di piazza Vittoria è opera dell’architetto Diego Kuzmin, e ha un profondo significato simbolico: è fatta in pietra carsica - «la rivolta dei Tolminotti si estesa fino a Duino», ha spiegato Stasi - e ha la forma di una piramide tronca, a significare la vita spezzata dei capi dell’insurrezione. L’epigrafe è colorata con vernice rossa come il sangue delle vittime. Il prossimo anno ricorrerà il trecentesimo anniversario della rivolta, un evento da celebrare da ambo i lati dell’ormai obsloleto confine.

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